Tempo, ritmo, champagne. E si ride molto, mentre va in scena l'ultimo grande spettacolo della società contemporanea: il matrimonio. Evento capace di trasformare il vino in aceto, il parente in serpente, ma C'est la vie - Prendila come viene (esce il 30 novembre), come s'intitola l'ultima ciambella col buco del tandem di regia Eric Toledano e Olivier Nakache, autori del fortunato Quasi amici (2011), campione d'incassi come questa brillante commedia ad alto impatto comico. «Siamo felici: abbiamo superato 2 milioni di ingressi, in Francia», esulta Toledano, classe 1971, ieri orbo di Nakache alla presentazione del loro tourbillon tic-tac.
Al quarto giorno di festival, il buonumore s'impadronisce dell'Auditorium: buone vibrazioni, finalmente, grazie a un cast eclettico che vede Jean-Pierre Bacri, al top del suo umorismo lugubre, nei panni di Max, supervisore d'uno sposalizio d'alto rango, in un castello del 17esimo secolo alle porte di Parigi. E il meglio della Comédie-Française che si fionda al buffet e crea la tempesta perfetta, tra fotografi, dj cantanti e attrici mezzecalze. Quel matrimonio è un fiasco? Li salverà «il senso della festa», come recita il titolo originale francese.
Nel vostro film precedente, Samba, prendevate in giro la «gauche caviar», con la sua falsa coscienza antirazzista. Qui descrivete un caos che ricorda la Francia in marcia di oggi.
«Già il cast è immagine speculare della Francia attuale: multiculturale, ma ripiegata su se stessa. Abbiamo riunito una famiglia di attori, difficili da mischiare, in un film che narra un matrimonio, ma che è esso stesso un matrimonio tra persone che normalmente non s'incontrano. Il tema del matrimonio è un ottimo humus per la commedia e gli incassi dimostrano che i francesi si riconoscono in questa fotografia. Noi francesi, o riusciamo, o restiamo ripiegati su noi stessi».
Mentre la commedia all'italiana langue, le commedie popolari francesi piacciono a pubblico e critica: quale segreto?
«Non conosco le commedie all'italiana di oggi. Ma so che noi amiamo quelle degli anni Sessanta e Settanta. Quasi amici ha risentito dell'influenza di Profumo di donna di Dino Risi e conosciamo bene le opere di Scola e di Manfredi, che riescono a parlare della società con tenerezza e generosità».
Il cinema mostra spesso capi d'azienda caricaturali e cinici. Qui, invece, c'è una piccola azienda, con un direttore che rispetta il personale. E' una scelta precisa?
«Sì. Puntavamo al realismo poetico. Per questo, alla fine, un pallone vola in aria... La commedia, che può essere un genere nobile, racconta cose con una distanza che ci permette di presentare personaggi disincantati, che divertono, ma fanno riflettere. Come diceva il grande fumettista Georges Wolinski, ucciso nell'attacco terrorista a Charlie Hebdo: La risata è l'itinerario più breve tra due persone».
Quanto conta la musica, nel film, che ha un tempi perfetti anche grazie al jazz particolare dell'israeliano Avishai Cohen?
«Conta molto e corrisponde alla storia che volevamo raccontare. Non a caso diamo agli attori un cd con la playlist delle musiche che ci ispirano. Il jazz ci affascina perché, come al cinema, occorre che tutto sia sincronizzato per suscitare emozioni. Il jazz di Cohen è un vero personaggio del film, una musica di mélange con percussioni, contrabbasso, darbouka e pianoforte. Un ritmo fuori norma, che illustra perfettamente quella serata di sorprese e imprevisti. Un pezzo di musical, in cui tutti possono riconoscersi».
Girando Quasi amici, storia sulla carta difficile, con l'amicizia che sboccia tra un «sans papier» e un aristocratico, pensavate di avere successo?
«No: non avevamo previsto di avere successo. Nel frattempo, ci sono stati remakes in America, in India, in Argentina. Per non dire delle commedie teatrali. Il fatto è che ci vuole una dose d'incoscienza per andare avanti. Fossimo stati prudenti, neanche l'avremmo girato! Ma gli attori, Omar Sy e François Cluzet, ci hanno dato fiducia: con le armi giuste, si può andare in guerra».
Quali progetti, in futuro?
«Vorremmo girare un film che parla di chi accudisce i bambini e gli adulti malati di autismo. In quel mondo circolano molte emozioni e tanto umorismo».
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