"Non vendo l'anima al Diavolo ma porto il blues in classifica"

Il virtuoso della chitarra pubblica un nuovo cd e arriva subito al numero 2 della classifica Usa e nei primi posti in Europa

"Non vendo l'anima al Diavolo ma porto il blues in classifica"

È un vulcano in continua eruzione, non sa fare a meno di maneggiare con virulenza quella maledetta chitarra cavandone sontuosi ululati blues rock. Joe Bonamassa, un nome una garanzia...I suoi virtuosismi lo hanno portato, a 37 anni, nel ristretto Olimpo dei più grandi chitarristi di nuova generazione e lui continua a rinverdire il suo mito con nuove imprese. A 12 anni aprì un concerto di B.B.King e da allora non ha più mollato. Il palcoscenico è la sua vita e da lì inventa tutte le sue diavolerie, come la pubblicazione, l'anno scorso, del qudruplo dvd Live in London. Tour de for ce, che comprende quattro concerti in celebri teatri di Londra con formazioni differenti e scalette diverse. Un giochino per lui. Poi si ferma qualche giorno, giusto per incidere un disco come Different Shades of Blue, che ha debuttato ieri al numero 2 di Billboard e che veleggia ai primi posti delle classifiche in tutta Europa, mentre in Italia è solo 63esimo ma ha uno zoccolo duro di fan, capitanati da Carlo Verdone, che ogni tanto, per divertirsi, si mette al suo servizio alla batteria.

Lei ormai è una star dappertutto, solo in Italia fa un po' di fatica.

«Non lo so, io mi baso sui concerti, e anche in Italia ai miei spettacoli c'è il pubblico delle grandi occasioni. Forse lì il blues piace meno perché c'è tanto pop fatto in casa e poi la musica classica».

Ma lei ha fan eccellenti in Italia.

«Da quando Carlo Verdone ha scelto alcuni dei miei brani per i suoi film sono diventato più noto da voi. Verdone è un personaggio unico, ha una enorme conoscenza del rock e suona bene la batteria, mi diverte suonare con lui, vedo che ce la mette tutta».

Come è nato il nuovo album?

«Sono un animale da palcoscenico e cerco di inciderli in presa diretta, come se fossi dal vivo. Per registrare A D ifferent Shades of Blue ho impiegato nove giorni, e ho ancora tanti altri brani pronti».

Non rischia di ripetersi?

«Il blues si ripete sempre per non ripetersi mai; non c'è niente di meglio di un vecchio amplificatore e di una chitarra distorta, senza troppi marchingegni, per rinnovare la musica e darle mille sfumature diverse, come dice il titolo del mio disco».

Insomma ha venduto l'anima al Diavolo?

«No, però faccio miracoli portando il blues in classifica».

Con la crisi del disco che c'è...

«Io non mi occupo di queste cose ma vedo che in giro c'è tanta musica di qualità, da Ryan Adams a Leonard Cohen».

Le sue radici musicali?

«È chiaro il blues di Son House e Robert Johnson, ma io sono nato negli anni '70 e Crossroads di Johnson l'ho scoperta attraverso i Cream. Ho imparato ad amare Howlin' Wolf e John Lee Hooker ma il mio souno discende da Eric Clapton, Jeff Beck, Rory Gallagher, per questo a volte è così esplosivo».

Cosa ha provato quando si esibì per la prima volta con B.B.King?

«Avevo 12 anni e una grande soggezione davanti ad un simile maestro, ma quando imbraccio la chitarra, oggi come allora, scatta qualcosa di magico e mi trasformo, divento un'altra persona. Non sono un trasgressivo, sono un tipo molto tranquillo e schivo, ma la chitarra mi cambia, non so nemmeno io dire il perché».

Lei fa anche beneficenza con la Blues Foundation.

«La faccio con un duplice scopo. Il primo è quello di aiutare i ragazzi in difficoltà insegnando loro a suonare e comprando loro gli strumenti necessari; il secondo è quello di diffondere la cultura blues».

Uno come lei ha qualche rimpianto?

«Non aver mai visto Jimi Hendrix in concerto».

Programmi?

«Farò presto un altro disco e riparto subito in tournée, questo mese sarò in Germania, perché sono lo zingaro del blues».

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