Cultura e Spettacoli

"Il nostro rock è come il whisky, per uomini veri"

Il leader dei Gov't Mule presenta un doppio cd con tante star

A 53 anni Warren Haynes è uno dei chitarristi più ispirati ed attivi in circolazione. La sua band, i Gov't Mule, vive on the road e propone centinaia di concerti all'anno portando la bandiera del rock sudista che mescola country, folk, hard blues, boogie-woogie in un cocktail eccitante che non passa mai di moda. In America i loro show sono seguiti da migliaia di fan (sono uno dei gruppi che, in assoluto, attirano più spettatori dal vivo) e hanno un buon seguito in tutto il mondo. Non disdegnano però la sala di incisione e in questi giorni pubblicano il doppio album Shout! un progetto molto particolare che raccoglie nel primo cd undici nuovi brani e nel secondo le stesse composizioni rivisitate con ospiti come Elvis Costello, Ben Harper, Stevie Winwood, Dr. John, Dave Matthews, Glen Hughes.
Un disco diverso dal vostro solito stile.
«Siamo nati per non tradire le nostre radici ma per rinnovare il rock. Il nostro è un gruppo aperto, che vive di luce propria ma anche di mille collaborazioni come racconta la nostra storia, così abbiamo deciso di lavorare con artisti che solo apparentemente sono lontani da noi».
Cioè?
«I Traffic di Stevie Winwood sono stati i primi a miscelare diversi stili musicali e lui è un grande cantante soul; Dr. John è il re di New Orleans, culla del blues; Glen Hughes è un campione dell'hard rock; Elvis Costello un geniale jolly; Dave Matthews uno molto vicino al nostro spirito improvvisativo. Insomma ci sono tutte le nostre fonti».
Come vi definite?
«Una jam band, artisti disponibili a sperimentare e ad incontrare altre formazioni. Non sentirete mai un nostro concerto uguale all'altro, anche i nostri brani ogni volta cambiano forma».
Non a caso i Gov't Mule nascono da una costola degli Allman Brothers.
«Beh, sì. Quando sono entrato nella “palestra” degli Allman avevo 28 anni ed era come camminare su un filo senza rete. Si partiva da un boogie-woogie scatenato e si passava a un country lento, da una ballata blues a un r'n'r a tutta forza. La stessa cosa ho fatto poi nella band di Dickey Betts e da allora ho continuato a giocare sull'estro del momento».
Lei è un chitarrista di culto ammiratissimo dai fan, come si sente in questo ruolo?
«Non ci penso, altrimenti mi peserebbe la responsabilità, invece per me il rock è una cosa naturale, è la vita di tutti i giorni. Vengo dalla Carolina del Nord ma ho passato tutta la vita nel Sud, il posto più a misura d'uomo di tutta l'America. Laggiù trovi ancora leggende come gli Allman che suonano per il gusto di suonare, c'è sincerità, vero rock, vero whiskey e un mondo per uomini veri».
Quali sono i suoi artisti di riferimento?
«Dovrei fare un elenco infinito. I maestri sono Jimi Hendrix, Eric Clapton e Johnny Winter seguiti da Jeff Beck e Duane Allman. Poi i bluesmen, da Elmore James a B.B. King e Albert King e i signori della chitarra jazz come Django Reinhardt e Wes Montogomery.

Ma per improvvisare mi hanno ispirato anche sassofonisti come Sonny Rollins e Cannonball Adderley».

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