Marta Vissio
È un gigantesco mutante radioattivo il nuovo lucertolone di Shin Godzilla, che si abbatte su Tokyo uscendo da un mare ribollente della sua presenza. Ed è proprio da quelle acque che trae la sua forza, perché nei loro fondali si è nutrito di materiale radioattivo abbandonato. Fin troppo facile leggere il riflesso delle paure nate dal terremoto del 2011 nell'ultimo reboot delle malefatte del bestione, firmato dal regista e animatore super-star giapponese Hideaki Anno («padre» della serie Neon Genesis Evangelion) con Shinji Higuchi. Il film, in uscita a luglio in Italia dopo esser stato presentato alla rassegna «Cartoons on the bay» a Torino, è stato campione d'incassi in Giappone e ai Japan Academy Prize Awards ha vinto sette premi, tra cui miglior film e miglior regia.
Il primo Godzilla nacque nel 1954, quando le ferite delle bombe di Hiroshima e Nagasaki erano ancora aperte, e incarnò proprio la minaccia nucleare. Allo stesso modo, il suo ventottesimo successore in Shin Godzilla nasce all'ombra del disastro nella centrale di Fukushima. Esce dal mare come un grosso bestione strisciante, ma è un mutante e diventa un gigantesco bipede che emette radiazioni dalla bocca e dal corpo, spazzando via la città e gli eserciti che tentano di farlo fuori. Un condensato di poteri terrificanti, di fronte a cui gli esseri umani sembrano incapaci di reagire. E qui entra in gioco un altro tema chiave: la burocrazia statale, che paralizza le autorità ed è alibi per la loro inazione.
A complicar le cose s'aggiungono gli Usa, che come da cliché intervengono solo per dettare le regole, programmando un (nuovo) mega attacco atomico con cui sterminare il mostro. Alla fine (forse) una speranza c'è, ma risuona l'eco di una delle frasi del film: «Più temibili di Godzilla, siamo noi esseri umani».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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