Il film del weekend

Jessica Chastain giganteggia in Gli occhi di Tammy Faye

Biopic dall'impostazione classica e dai protagonisti esuberanti. Al netto della straordinaria performance dell'attrice protagonista, un racconto che resta didascalico e di superficie

"Gli occhi di Tammy Faye": Jessica Chastain giganteggia al cinema

Nelle sale è arrivato Gli occhi di Tammy Faye, film d’apertura della scorsa Festa del Cinema di Roma, che ha per protagonista una Jessica Chastain generosissima, data dai più come probabile vincitrice ai prossimi premi Oscar.

Una performance talmente esuberante, quella dell’attrice, da rendere ancora più evidente come l’intera opera invece, pur ritmata, appaia piatta: gli occhi del titolo sono l’unico vero affaccio su qualcosa che non resti racconto di superficie.

“Gli occhi di Tammy Faye”, diretto da Michael Showalter e basato sull'omonimo documentario del 2000, ripercorre la storia dei coniugi Tammy Faye Bakker (Jessica Chastain) e Jim Bakker (un Andrew Garfield non al suo massimo), tele-predicatori che negli anni 70 e 80 costruirono un impero mediatico.

Entrambi di umili origini e appassionati dello studio della Bibbia, i due decidono, da neosposi, di farsi messaggeri della parola di Dio. La determinazione e l’enfasi con cui osannano la propria fede porta loro un consenso di massa: con sorridente ferocia raggiungono uno share quotidiano di oltre venti milioni di credenti. Infaticabili nella conduzione di sempre più numerose trasmissioni, fanno incetta di donazioni da parte dei fedeli. Un business fiorente, quello del più grande network televisivo a stampo religioso del Paese, che li conduce a stringere legami con le alte sfere della politica ma che viene compromesso, ad un certo punto, dall’emergere di scandali finanziari e sessuali, oltre che da rivali all’interno dell’establishment religioso.

Il film si regge tutto sull’interpretazione di una Chastain (qui anche produttrice) i cui occhi sono sempre riconoscibili, malgrado il pesante trucco prostetico che li attornia. La prima inquadratura la coglie nei panni di narcisista stagionata ma ancora molto compiaciuta di sé e della propria immagine. Tammy Faye sta difendendo le sue ciglia finte come proprio marchio di fabbrica, ma non solo: sembra considerarle alla stregua di una bacchetta magica. Veniamo così introdotti al cospetto di una persona la cui incrollabile fede, prima ancora che nella religione, sembra essere quella nel sentirsi speciale. Considerandosi meritevole delle più grandi benedizioni, questa donna intende, spesso e volentieri, l'essere la degna destinataria di ogni sorta di vantaggio materiale. La concretezza con cui si mangia la vita è impressionante eppure i modi sono leziosi, l’espressione fiabesca e la voce da Betty Boop. Per riprodurre il tono squillante del personaggio, Jessica Chastain ha imparato a recitare e cantare con una vocalità di un’ottava superiore alla propria.

Nella narrazione il tenore di vita dal lusso sfacciato dei Bakker si concilia con l’afflato alla misericordia verso i poveri e bisognosi grazie al fatto che i due si pongono in antitesi alla morigeratezza, spesso retorica, dei cattolici conservatori, e invitano a desiderare la prosperità. Se sia più inesauribile in loro la missione di evangelizzazione o la sete di denaro non è dato saperlo e il film, attento a non etichettare i suoi protagonisti come ipocriti, evita di indagare a riguardo. Piuttosto che indugiare sulla corruzione e avidità della coppia, restituisce a quest’ultima una dignità mettendo in luce la rivoluzione empatica portata avanti, in particolare, da Tommy Faye. Non era scontato all’epoca, quella dell’Aids per intenderci, schierarsi dalla parte degli omosessuali e difendere i diritti della comunità LGBT, né porsi come voce progressista all’interno di una Chiesa dalle imposizioni dogmatiche. A rendere all'epoca Tommy Faye un’icona, infine, oltre alla comica sfacciataggine, fu l’essersi imposta in una società maschilista senza rinunciare a sottolineare la propria femminilità.

Nel complesso "Gli occhi di Tammy Faye" è un film godibile e nella media, seppur non particolarmente incisivo, il cui handicap risiede nella mancanza di approfondimento: si perde l'occasione di esplorare le leve del consenso pubblico, il contesto dell’epoca e il background emotivo di protagonisti tanto contraddittori.

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