"Ora anche chi mi ha odiato si ricrederà su come recito"

La protagonista della serie Sky su Tangentopoli torna in "1993". Nella prima stagione fu subissata di critiche

"Ora anche chi mi ha odiato si ricrederà su come recito"

L'avevamo lasciata nel momento in cui, da giovane ragazza viziata e tossica, si stava trasformando in una imprenditrice senza scrupoli. La ritroviamo ricca e potente alle prese con una battaglia interiore, se continuare su quella strada segnata dal padre o dar retta alla parte più sana di sé. È Bibi Mainaghi, uno dei personaggi protagonisti della serie «1993», il seguito di «1992», la trilogia prodotta da Sky (poi ci sarà anche «1994») che racconta l'era di Tangentopoli: «la speranza» (in una rivoluzione politica e sociale), «il terrore» (le manette che scattano e l'era di Antonio Di Pietro) e poi «la restaurazione e la nascita di Forza Italia». Bibi è interpretata da Tea Falco, attrice sbocciata al cinema direttamente nel film Io e te di Bernardo Bertolucci e subissata di critiche per la sua interpretazione nella prima stagione. Ieri era a Milano, insieme a Stefano Accorsi, protagonista principale e ideatore della serie in onda dal 16 maggio su Sky Atlantic, e al resto del cast. Una bella sorpresa conoscerla, attrice, fotografa, regista, appassionata di filosofia.

Tea, per lei «1993» sarà l'anno del riscatto, non la si sentirà più parlare con la zeppola, trascinare le parole, motivo per cui è stata «massacrata» sul web...

«Mi ha criticata chi non mi ha capita. Io parlavo così perché interpretavo un personaggio, quello della ragazza tossicodipendente. Lo avevo reso antipatico appositamente, con un pizzico di ironia. Anche perché io non parlo così...».

Due anni fa l'hanno ferita le critiche, spesso feroci?

«Il più grande errore umano che si possa fare è quello di credere di poter piacere a tutti. Io vengo dalla strada, dalla Sicilia, so cosa vuol dire trovarsi in situazioni difficili, per cui non mi spavento certo per le critiche».

Ai tempi di Tangentopoli lei era una bambina, cosa ricorda di quegli anni?

«Solo che ero in macchina e sentivo per radio di arresti e tangenti e mio padre che mi diceva quando cresci te lo spiego».

Insomma, molti avvenimenti li ha appresi sul set...

«Anche. Prima della Mafia sapevo quello che si conosce in Sicilia, la paura che abbiamo vissuto con gli attentati a Falcone e Borsellino. Ma ogni Paese ha la sua Mafia...».

Che cosa l'ha più colpita di quegli anni?

«Citando Battiato Che cosa possono le leggi dove regna soltanto il denaro? La giustizia non è altro che una pubblica merce.... Di cosa vivrebbero ciarlatani e truffatori se non avessero moneta sonante da gettare come ami fra la gente?»

Come ha creato il suo personaggio?

«Mi sono ispirata a mio padre, non certo come figura di imprenditore colluso. Ma come riferimento maschile: nella serie devo prendere il comando dell'azienda di famiglia, devo essere un guerriero, un samurai e mettere da parte il lato femminile».

La sua collega Miriam Leone interpreta nella serie una bella ragazza disposta a passare per molti letti pur di realizzare il sogno di diventare soubrette. All'inizio della sua carriera anche a lei sarà capitato di imbattersi in richieste diverse dalla recitazione...

«Mi è capitato che qualche regista mi invitasse a cena ma ho sempre pensato che gli accordi si chiudono di mattina e non di sera. E questo non ha fermato la mia strada».

Anche perché lei ha debuttato direttamente con Bernardo Bertolucci...

«Per ottenere quella parte ho superato 13 provini. E anche lì facevo la parte della tossica».

Un destino?

«No. In 1992 mi sarebbe piaciuta anche la parte di Veronica, la starlette della tv. Ma Miriam era più adatta».

Prossima avventura?

«Mi dedico alla regia per un docufilm per Sky Arte, un esperimento antropologico ambientato in Sicilia intitolato Ceci n'est pas un Cannolo...».

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