Ora i cuochi televisivi invadono anche la fiction

Ora i cuochi televisivi invadono anche la fiction

Talk show, varietà, telegiornali. E ora anche la fiction. Era l’uovo di Colombo: infilare il genere televisivo più appetitoso nell’unico che ancora gli resistesse. E il risultato è Benvenuti a tavola: prima fiction tv che fa (anche) cucina. Al punto da concludere ciascuna delle sue otto puntate - da giovedì 12 su Canale 5 - con due autentiche ricette, proposte dagli attori-chef Giorgio Tirabassi e Fabrizio Bentivoglio, assieme a un autentico concorso telefonico (in palio tre cestini da mille euro di specialità gastronomiche).
«Come m’è venuta l’idea? - dice Pietro Valsecchi - Semplice. Da anni volevo aprire un ristorante. In famiglia erano tutti contrari. E allora ho fatto una fiction». E la trovata, abbinata a un elemento di commedia stracotto ma goloso - il duello Nord-Sud - funziona. Così ecco due famiglie agli antipodi per mentalità e tradizioni alimentari, i milanesi Conforti col loro ristorante chic, i calabresi Perrone con la loro popolaresca trattoria, scontrarsi fra un soffritto e un intingolo, mentre i rispettivi rampolli (Andrea Miglio Risi e Alessia Mancarella) fanno all’amore tra i fornelli. Passato di cottura? Forse. Ma in fondo gustoso. «L’idea di Benvenuti a tavola nasce da molto lontano. Mio padre si salvò a Dachau facendo il cuoco per gli ufficiali delle SS. Mio suocero, grande anfitrione, e Ugo Tognazzi, impareggiabile gourmet, m’hanno insegnato tutto ciò che so del cibo. E poi io adoro la cucina. È come un set cinematografico: si crea mettendo assieme tante cose diverse. O rimediando con le poche che hai».
Qualcuno potrebbe interpretare questo mix di generi come un segno (negativo) dei tempi. In tv non si fa altro che cucinare, per tutti i gusti, in tutte le salse. «Ma no - ribatte il produttore della serie, Mario Gianani -. Il detto che recita “Siamo quel che mangiamo” spiega tutto. Basta con la distinzione fra testa e pancia. Il cibo è tradizione, storia, cultura. E, nel nostro caso, diventa anche intrattenimento». Imbandito in regia da Francesco Miccichè, cucinato da autentici grandi chef nei panni di se stessi (Alajmo, Perbellini, Bassi, Bottura, Scabin), Benvenuti a tavola soddisfa i suoi due (finti) cuochi. «Nella vita io sono uno chef d’emergenza - confida Bentivoglio - al massimo arrivo allo spaghetto aglio e olio, o al burro e parmigiano. Ma la sfida vera, per me che interpreto sempre i depressi e i tormentati, era di alleggerirmi». Eppure, se è vero che il buon cibo mette buonumore, all’inizio il depresso era Tirabassi. «Leggendo il copione ero molto scettico. Mi sembravano storie troppo semplici, poco sviluppabili. E invece mi sono dovuto ricredere: è proprio la semplicità a rendere così appetitoso Benvenuti a tavola».
Quanto alla modalità delle riprese, per la prima volta a dirigere sul set accanto al regista c’era un cuoco consulente.

Anche se gli unici a non approfittarne della situazione sono stati proprio i due protagonisti: «Se dicessi che girando ho scoperto i segreti dell’alta cucina, mentirei» ammette Bentivoglio. Ma il vero obbiettivo di Benvenuti a tavola sono i telespettatori: «Vogliamo divertirli e far venire loro la voglia di provarli, questi piatti», riassume il regista Miccichè.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica