Se nascerai donna, per Oriana Fallaci, è un auspicio. Quello che formula nelle righe che pubblichiamo in questa pagina, tratte da Lettera a un bambino mai nato. Il bestseller uscì per la prima volta per Rizzoli, nel 1975, ed è uno dei testi che ora la casa editrice ripropone, insieme a una serie di reportage e di interviste di Oriana Fallaci sulle donne e alle donne, in una raccolta che si intitola, appunto, Se nascerai donna (pagg. 352, euro 20, in libreria da oggi). La maggior parte dei pezzi uscì su L'Europeo, come quelli sulla libertà femminile (una inchiesta in cinque puntate, pubblicate fra aprile e maggio del 1965, nata da una intervista alla cantante Milly Monti in cui viene posta la domanda provocatoria: «La donna è oggi più libera?») o sui movimenti di liberazione femminile, in cui la Fallaci ci fa incontrare le leader della protesta, come l'americana Kate Millet, una che nel suo Sexual Politics mise all'indice D.H. Lawrence, Henry Miller e Norman Mailer, e con la quale non può che esserci scontro: «Direi che invece d'una intervista facemmo un dibattito: una specie di litigio sui punti deboli del femminismo».
Lo spirito di Oriana Fallaci non era fatto essere imbrigliato nelle ideologie e, quindi, nemmeno nel femminismo, sebbene scriva: «Negare che la società in cui viviamo sia una società inventata dagli uomini, imposta dagli uomini, dominata dagli uomini, sarebbe cretino. Come sarebbe cretino negare che tale società poggi sulla distinzione dei sessi» (Che cosa vogliono le donne, in L'Europeo, 1971). «Dura» in servizio quanto femminile nell'aspetto, e nel privato, qualche riga prima definisce la guerra fra uomini e donne come la «più paradossale che si sia concepita» e spiega che lei, la cronista, non è affatto d'accordo, con questa guerra agli uomini: «Non solo perché lei con gli uomini ci si trova benissimo (...) ma perché verso di lei gli uomini son sempre stati giusti e gentili». Alcune delle donne che appaiono in questa raccolta, del resto, riescono a dare del filo da torcere perfino a lei: la strepitosa senatrice Lina Merlin e Coco Chanel, capaci di zittirla; Mina («Siamo destinate a non capirci, noi due» le dice la cantante); l'inarrivabile Golda Meir, l'unica per la quale Oriana Fallaci ammetta un debole: «Pecco di ottimismo o, diciamo pure, di femminismo? Forse. Ma io non sarò mai obiettiva su Golda Meir (...) non si può fare a meno di rispettarla, ammirarla, anzi volerle bene». È vero.
Golda Meir, una donna di una volta, potente, divisa (già allora) tra famiglia e lavoro, che definisce «pazze» le femministe che bruciano i reggiseni, e giudica «irritante» lo pseudo-complimento di Ben Gurion, secondo cui lei, Golda, sarebbe stata «l'uomo più in gamba» del suo governo. «Perché cosa significa in fondo? Che essere uomo è meglio che essere donna: principio su cui non sono affatto d'accordo».
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