Otto statuette per la (mitica) storia di Gandhi

Otto Oscar non è certo un record (il primato, con undici statuette, va diviso fra Titanic, Ben-Hur e Il Signore degli Anelli - Il Ritorno del re), comunque è un bel biglietto da visita. Gandhi (21.05 TV2000) è preceduto in classifica da altri quattro film (West Side Story con dieci e Il paziente inglese, Gigi e L'ultimo imperatore con nove) ed è alla pari con altri otto (tra cui Via col vento). L'ha diretto nel 1982 sir Richard Attenborough, barone di nascita e baronetto per meriti artistici, morto nel 2014 alla vigilia dei novantun anni, interprete di un centinaio di film e regista di dodici. Dunque, siamo a Durban (Sudafrica), nel 1893. Il giovane avvocato indiano Mohandas Karamchand Gandhi (Ben Kingsley) assiste con rabbia e impotenza alle ingiustizie consumate contro i connazionali immigrati. Nel 1915 s'imbarca per l'India e ben presto sale nella leadership dei movimenti indipendentisti e nella considerazione del suo popolo. Diventa per tutti il Mahatma (la grande anima), l'apostolo della non violenza che con grande fermezza e digiuni radicali (autentici) trascinò il Paese a formarsi una coscienza e a liberarsi dal giogo inglese. Un epico e avvincente kolossal, costato trenta miliardi, che ricostruisce con passione e senso dello spettacolo (un milione di comparse!) l'itinerario di un profeta del ventesimo secolo.

Otto come detto gli Oscar: film, regia, attore protagonista, sceneggiatura, fotografia, costumi, scenografia e montaggio. Nell'eccellente cast spicca l'inglese Ben Kingsley, grande attore di prosa allora semisconosciuto, che tra l'altro pare Gandhi redivivo.

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