"Parole in cammino": errori, web, neologismi. Tutto rende viva la lingua italiana

È datato 2016 l'appello che un nutrito gruppo di accademici ha rivolto al ministero dell'Istruzione, lamentando la poca padronanza dell'italiano scritto da parte degli studenti universitari

"Parole in cammino": errori, web,  neologismi. Tutto rende viva la lingua italiana

Alla domanda sulla salute della lingua italiana vengono subito alla mente gli svarioni dei giornalisti, i lapsus calami dei politici e le ingenuità linguistiche del popolo della Rete. Eppure non è così nero il presente (e il futuro) della lingua trasmessoci, giù «per li rami», dallo stesso Dante. Per capire insomma e per conoscere tutti gli aspetti del nostro comune patrimonio linguistico ora c'è anche un festival: «Parole in cammino». Ideato e curato da Massimo Arcangeli, ordinario di Linguistica italiana a Cagliari, insieme con l'università di Siena che vuole così degnamente festeggiare il centenario (1917-2017) della Scuola di lingua italiana per stranieri. E che avrà come cornice appunto (da oggi a domenica) la città toscana. Linguisti, ovviamente, giornalisti, docenti e insegnanti si confronteranno su un grande e appassionante tema come la lingua italiana. Dimostrando, tra l'altro, che lo studio e la pratica virtuosa di questa lingua è meno isolato di quello che sembri.

È vero che i problemi ci sono e sono molti. È di pochi giorni fa, ad esempio, la notizia che a un concorso per diventare maestri di ruolo nel Lazio, l'80% degli aspiranti maestri ha commesso grossolani errori di ortografia. Mentre, ormai, è datato 2016 l'appello che un nutrito gruppo di accademici ha rivolto al ministero dell'Istruzione, lamentando la poca padronanza dell'italiano scritto da parte degli studenti universitari. Eppure trasmissioni e siti web come La lingua batte registrano un ampio consenso. E fenomeni come quello di Fiorella Atzori (la prima youtuber a difesa dell'uso corretto del nostro idioma) sono tutt'altro che trascurabili. La Atzori è giovanissima. E - come racconta lei stessa - non è nemmeno una linguista. Dopo aver usato come «cliente» i più vari tutorial (alla cucina al make up), ha deciso di buttarsi. Scegliendo come argomento la grammatica italiana. «Fin da piccola ero appassionata di grammatica, merito di mia nonna maestra - racconta la Atzori che l'8 aprile presenterà al festival il suo libro Sgrammaticando (salviamo l'italiano dalla Rete) -. E da cinque anni sono a tempo pieno una youtuber». Con un risultato davvero impressionante. Dal primo video trasmesso su Youtube (finora sono quasi 400) ha ottenuto oltre 2,7 milioni di visualizzazioni, con 26 mila persone iscritte al canale di «Sgrammaticando».

E dal tutorial (anglicismo che però viene dritto dritto dal latino) ai neologismi che arricchiscono la nostra lingua il passo è breve. E al festival gli «inventori» di parole nuove sono tra i protagonisti più attesi. Come il piccolo Matteo T. ed Enrico Mentana che verranno premiati per il loro supporto nel rendere il nostro lessico sempre più ampio ed efficace. Il primo è arrivato agli onori della cronaca per la parola «petaloso», accettata e registrata dalla Crusca. Il direttore del tg de La 7 per la parola «webete» (decisamente efficace per descrivere i creduloni che abboccano alle notizie fasulle in Rete). La nostra lingua però non è mai stata avara di neologismi. In fondo ogni epoca ha i suoi. Non è quindi la vivacità o debolezza dell'invenzione lessicale a impensierire un linguistica di rango come Francesco Sabatini (presidente onorario dell'Accademia della Crusca). Semmai l'approccio poco scientifico nell'insegnamento dell'italiano fin dalla scuola primaria. «All'inizio del Novecento il 50% degli italiani era analfabeta, contro solo l'1% dei tedeschi - racconta Sabatini -. Da allora di strada ne abbiamo fatta, ovviamente. Però c'è ancora molto da fare». «Soprattutto ora - aggiunge - che la tecnologia ha innalzato le competenze necessarie per vivere e lavorare». D'altronde riflette Sabatini - il cui ultimo libro Lezioni d'italiano (Mondadori) sta avendo un ampio successo di pubblico - non dobbiamo demonizzare la tecnologia.

I tablet e gli smartphone, dice, sono necessari. «L'agilità manuale è una cosa - spiega - il contenuto linguistico delle operazioni su tablet o device elettronici è un'altra. Mica demonizziamo le scarpe perché per camminare servono solo i piedi!»

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