Cultura e Spettacoli

Il pm "striscia" Fabio e Mingo. La coppia ora è sotto inchiesta

Avrebbero costruito ad arte il servizio su un falso avvocato. Saranno interrogati presto. Ricci tace ma trapela delusione

Il pm "striscia" Fabio e Mingo. La coppia ora è sotto inchiesta

Insomma Striscia la Notizia non guarda in faccia a nessuno. Specialmente ai propri inviati. Andrà come andrà, però da ieri Fabio e Mingo (ossia Fabio De Nunzio e Domenico De Pasquale) sono stati iscritti nel registro degli indagati per simulazione di reato. Avrebbero, e sia chiaro il condizionale è sempre obbligatorio fino a sentenza passata in giudicato, inventato di sana pianta uno di quei servizi che dal 1997 erano parte integrante del programma. Ora se ne sta occupando il pm Isabella Ginefra della Procura di Bari che a inizio aprile ha chiesto ulteriori informazioni a Mediaset e vedremo come evolverà il giudizio. Già nel 2013, dopo la messa in onda del servizio, l'autorità giudiziaria aveva chiesto le immagini senza oscuramento dei volti e senza modifiche audio. Ma la redazione pugliese, «nella persona di Corinne Martino» come recita un comunicato diffuso in serata, «aveva sostenuto di aver subito un furto e quindi di essere impossibilitata a formirlo». Intanto però sia Striscia la Notizia che Mediaset alcuni giorni fa hanno denunciato per truffa la coppia di «inviati speciali», che nei prossimi giorni potrebbe essere ascoltata dagli inquirenti. Nel frattempo, come ha annunciato pubblicamente il Gabibbo (intervento molto significativo), i due sono stati sospesi dal programma: «Oh qui siamo a Striscia , mica a Masterchef », ha ironizzato il 23 aprile il pupazzone con l'accento genovese.

Quella sera è iniziato (anche) pubblicamente il calvario della coppia di inviati che ha rastrellato per quasi vent'anni il sud Italia. Centinaia di servizi. E una fama invidiabile. Non per nulla sono stati gli «inviati speciali» più longevi del programma di Antonio Ricci. Per tutta l'Italia ( Striscia la Notizia è senza dubbio uno dei programmi più seguiti), loro due hanno rappresentato il volto umano delle inchieste in tv, implacabili ma anche ironiche, e si sono costruiti un'immagine che giocoforza questa inchiesta contribuirà a incrinare. Uno spilungone loquace e uno rotondetto e muto: «Awè amici di Striscia, da Mingo, e dal buon Fabio, a voi studio!».

In sostanza, Fabio e Mingo si sarebbero inventati un servizio: secondo una denuncia anonima, un falso avvocato si faceva dare acconti dai clienti e poi spariva senza dare più notizie. La segnalazione sottolineava anche che il legale in realtà non era neppure laureato né tantomeno iscritto all'Ordine degli Avvocati.

Un caso perfetto.

E subito la macchina di Striscia è partita con la velocità che tutti le riconoscono. Un'attrice si presenta all'avvocato chiedendo assistenza per fare causa alla propria assicurazione. Lui assicura assistenza prevedendo un onorario complessivo di 500 euro e facendosene anticipare 200. Dopodiché sparisce. Fabio e Mingo lo rintracciano nel bar vicino all'ufficio e gli consegnano il loro famoso «provolone». Lui si arrabbia, scoppia il litigio ma nessuno dei clienti del bar interviene per difendere Mingo (particolare sospetto). Il sedicente avvocato scappa, sale sulla propria auto e, partendo, mostra il dito medio. Servizio impeccabile. Peccato che, secondo le accuse, fosse costruito ad arte, proprio una precedente denuncia riguardante una maga sudamericana.

«Siamo delusi e arrabbiati - si sente ripetere negli ambienti Mediaset -: delusi perché va in fumo un rapporto di fiducia durato quasi vent'anni e arrabbiati perché questo è un episodio che rischia di screditare il programma». E difatti la linea è molto dura. Da quando è iniziata pubblicamente la querelle , tra Striscia e Fabio e Mingo non ci sono più stati contatti se non attraverso avvocati, procure e comunicati stampa. Per farla breve, Fabio e Mingo sono i Robespierre che ora rischiano di finire sulla simbolica ghigliottina.

E, se perderanno la causa, aiuteranno la causa di Striscia perché è davvero raro che un programma prenda così duramente le distanze da un collaboratore sotto inchiesta.

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