Intanto bisogna lasciar perdere tutto il resto. È noia, come avrebbe detto lui sorridendo un po' annoiato. Solo dopo, Franco Califano è stato un tombeur de femmes e un uomo dalla vita spericolata per molti decenni. Prima di tutto era un artista, uno dei più (colpevolmente) sottovalutati, forse quello che ha patito più di tutti la strana e inesorabile «conventio ad excludendum» che talvolta emargina chi non lo merita (lo conferma il silenzio dell'ultimo Festival di Sanremo su di lui a nemmeno un anno dalla morte). Califano ha firmato alcune delle canzoni più belle della musica leggera italiana (tanti dimenticano la favolosa Una ragione di più, con Mino Reitano), ha venduto oltre venti milioni di dischi, ha scritto monologhi e libri, ha vissuto una vita che da sola vale un romanzo. Perciò giustamente da questo Un attimo di vita (di Antonio Gaudino e Paolo Silvestrini, edizioni Mondadori, in libreria da domani) tutta l'aneddotica folcloristica rimane fuori, giustamente trascurata per riassumere in oltre duecento pagine ciò che realmente ha lasciato. «Ho sempre considerato Franco Califano un poeta e non solo un cantautore, oppure un cantante, oppure un personaggio che ha alimentato le cronache dai colori più variegati» scrive Vincenzo Mollica nella nota introduttiva.
Quando parlava, Califano aveva personalissimi lampi di creatività, spesso quasi inconsapevoli, e non è un caso che molti, quasi tutti, lo chiamassero Maestro. Se scriveva, poi. Una volta (ed è un mio ricordo personale), durante un viaggio sulla sua spider in direzione Fiumicino, le sue confidenze si sono spinte all'essenza del suo talento: «Scrivo senza filtri, e senza manierismi, quello che provo». Mentre correva in auto per le strade di Roma, il Califfo veniva riconosciuto da tutti e per tutti aveva una parola divertente e dolce, magari in romanesco. A un semaforo alcuni automobilisti hanno persino bloccato il traffico per potergli stringere la mano manco fosse un'apparizione. E allora, molto più delle parole belle dei tanti artisti che lo hanno conosciuto (da Renzo Arbore alla Caselli a Proietti al suo grande amore Mita Medici) in Un attimo di vita contano i monologhi in italiano e in romanesco raccolti nel capitolo Una voce che graffia la vita. Sono diari d'animo, d'amore e di vita, illuminati da una sensibilità sofferta e spesso difficile da decifrare tanto le vicissitudini l'avevano sublimata.
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