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Massimo Troisi diede la vita per Il postino. Così è morto dopo l'ultima scena

Il postino è uno dei film cardine della filmografia di Massimo Troisi. L'attore accettò di proseguire il lavoro pur sapendo che questo lo avrebbe ucciso. E così è stato

Massimo Troisi diede la vita per Il postino. Così è morto dopo l'ultima scena

Il postino - che andrà in onda questa sera alle 20.55 sul Canale 34 - è uno dei film più apprezzati della storia del cinema italiano e, senza dubbio, è uno dei più amati tra quelli della filmografia di Massimo Troisi.

La pellicola, che è stata diretta da Michael Radford e Massimo Troisi, è tratta dal romanzo Il postino di Neruda, scritto dall'autore cileno Antonio Skármeta. La trasposizione cinematografica del romanzo fu fortemente voluta da Massimo Troisi, che ne acquistò ben presto i diritti e chiese a Michael Radford di dirigerlo.

Il postino, la trama

La storia del film segue Mario Ruoppolo (Massimo Troisi), figlio di pescatori, dal cuore buono e gentile che attraversa un brutto periodo non avendo alcun tipo di impiego. Sulla stessa isola del sud Italia vive anche il famoso poeta Pablo Neruda (Philippe Noiret), che sul suolo italiano ha cercato riparo, vista la sua condizione di rifugiato politico.

Mario ben presto diventa il responsabile della posta del poeta: ogni giorno, infatti, l'uomo incontra Neruda a cui consegna la posta, ricevendone in cambio lunghe conversazioni su poesia, scrittura e tutto ciò conta nella vita. Tra i due inizia una bella amicizia che diventerà preziosa quando Mario si innamora di Beatrice (Maria Grazia Cucinotta) e userà proprio l'aiuto del poeta per scrivere alcune poesie per corteggiare il suo grande amore. Tutto però cambia quando Neruda riceve una comunicazione dal Cile, attraverso la quale il suo governo gli fa sapere che non è più un esiliato e che finalmente può tornare a casa.

Il film per cui Massimo Troisi diede la vita

Il postino è una storia d'amore e d'amicizia, un racconto che, attraverso il "sotterfugio" della parola, narra le vicende di un uomo semplice e generoso. Tutti elementi, questi, che senza dubbio hanno cooperato a rendere l'opera di Radford e Troisi una pellicola tanto amata dal pubblico di ogni generazione. Ma forse sono gli stessi elementi che hanno colpito l'immaginazione e l'arte di Massimo Troisi, spingendolo a voler fare questo film a ogni costo, letteralmente.

Michael Radford era un regista esordiente quando, a inizio degli anni '80, domandò a Massimo Troisi di collaborare in Another Time, Another Place - Una storia d'amore, in cui l'attore avrebbe dovuto interpretare un prigioniero napoletano durante la seconda guerra mondiale che si innamorava di una massaia scozzese. Tuttavia l'attore, all'epoca, non se la sentiva ancora di partecipare ad un film straniero, oltretutto con un regista ancora agli esordi. Più tardi, quando ebbe modo di vedere il film, Massimo Troisi chiamò Radford e si complimentò per la pellicola, asserendo di essersi reso conto di aver perso una grande occasione. Da allora lui e Michael Radford divennero amici.

Fu quasi naturale, dunque, per Troisi domandare anni più tardi proprio a Radford di girare Il postino, ma in questo caso fu il regista a temporeggiare. Come viene raccontato nel libro L'applauso interrotto. Poesia e periferia nell'opera di Massimo Trosi, l'attore partenopeo riuscì comunque ad avere Radford tramite un piccolo inganno: gli disse, infatti, di aver offerto la regia del film anche a Giuseppe Tornatore.

Con Radford nella squadra, Massimo Troisi e lo sceneggiatore Furio Scarpelli volarono a Los Angeles per ultimare la sceneggiatura. In questa occasione, l'attore si recò all'ospedale di Houston, dove era già stato operato al cuore, da ragazzo. Purtroppo, le notizie che ricevette non furono affatto positive. Scoprì di doversi operare con una certa urgenza, dal momento che entrambe le valvole al titanio che permettevano al suo cuore di funzionare si erano deteriorate. L'intervento fu molto delicato e nel corso dell'operazione Troisi subì anche un attacco cardiaco. La sua vita venne salvata dalla prontezza dei medici che riuscirono a far ripartire il suo cuore, che riprese a battere.

Questo, naturalmente, comportò una degenza molto lunga in ospedale, che si protrasse per oltre un mese e mezzo. Periodo nel quale i medici consigliarono al futuro protagonista di Il postino di sottoporsi a un trapianto di cuore, l'unica soluzione adatta per il suo problema cardiaco. Tuttavia, come racconta il sito dell'Ansa, Massimo Troisi decise di non operarsi immediatamente e di girare prima Il postino. In questo modo non avrebbe dovuto rinunciare alla possibilità di avere Philippe Noiret nei panni del poeta Pablo Neruda.

Le riprese iniziarono nell'autunno del 1993 sull'isola di Procida, ma come viene ricordato dal sito dell'Internet Movie Data Base, Massimo Troisi era sempre più debole. La sua fragilità gli impediva di restare sul set per più di un'ora: il che comportava che tutte le scene che lo vedevano protagonista dovevano essere girate in non più di due riprese. La lavorazione della pellicola, quindi, cominciò a ruotare intorno alla salute di Troisi: tutto veniva organizzato in modo da essere il meno pesante possibile per l'attore, che appariva sempre più in difficoltà. Tutto ciò venne reso possibile dalla scelta di una contro figura davvero molto somigliante a Massimo Troisi, che venne usata per le riprese in campo lungo o di spalle.

In qualche modo, Il postino venne completato. Dodici ore dopo la chiamata dell'ultimo ciak, Massimo Troisi si trovava nella casa di Ostia di sua sorella Annamaria, cercando di riprendersi dalle fatiche accumulate nelle undici settimane di riprese. Ma il ristoro non arrivò mai: quella stessa notte subì un nuovo infarto da cui non si risvegliò. L'attore morì a soli 41 anni, di fatto dando la vita pur di realizzare Il postino.

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