Con gli Anni di piombo in Italia non si scherza. Nemmeno per fiction. O forse soprattutto per fiction: guai a dare una lettura men che drammatica e commemorativa di eventi che, certamente, drammatici furono. Significa scatenare l'ira dei reduci, molti dei quali oggi muovono le leve della cultura italiana. A portare sul grande schermo per la prima volta il lato comico della strategia della tensione c'è riuscito per la prima volta un regista emergente, Roan Johnson, con I primi della lista. Di madre italiana e padre inglese, Johnson è cresciuto a Pisa, dove si svolge una storia vera che racconta nella sua opera prima. Una vicenda sepolta per quarant'anni dalla vergogna. Eccola: nel giugno del 1970, a pochi mesi dalla strage di piazza Fontana, nell'ambiente studentesco di Pisa circola la voce che è imminente un golpe militare.
Pino Masi, cantautore militante che all'epoca era una celebrità tra i giovani di sinistra, cade in un tunnel di paranoia in cui coinvolge due fan: il colpo di Stato è imminente, e bisogna rifugiarsi vicino al confine con la Jugoslavia, pronti a espatriare ai primi segni di movimenti di truppe. E infatti, arrivati in Veneto, i tre ragazzi scorgono una colonna dell'Esercito che si dirige verso Roma. E decidono di passare il confine più permeabile, primi italiani nella storia a chiedere asilo politico in Austria. Finiranno con lo scatenare un esilarante incidente con tanto di intervento dei due governi. Per poi scoprire che le truppe erano dirette a Roma solo per sfilare alla parata del 2 giugno. Un infortunio da burla che rovinerà loro la vita.
«Primi della lista» Ora si può ridere sulle paranoie degli anni Settanta
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