Il vero Sanremo inizia dopo. Quando si fanno le pagelle, si tirano i bilanci e si diventa per un giorno commissari tecnici del Festival. Perciò non conta (soltanto) chi ha vinto. Contano anche, anzi soprattutto, i vinti, quelli che hanno giocato male le proprie carte. Come Siani, che ha inciampato nella prima serata. O Pintus, comico che non ha fatto ridere il Festival. Anche per Biggio e Mandelli la battuta d'arresto non è indolore. Però c'è chi da oggi si ritrova con un bel po' di credibilità in più, come Luca e Paolo oppure Virginia Raffaele. E chi, oltre a Conti, ci guadagna da questo Festival è soprattutto il pop, celebrato come meglio non si poteva.
Non erano più i Soliti Idioti ma i Nuovi Bastonati. A ragione. Spedizione fallimentare per il duo similcomico che al Festival si è presentato sostanzialmente con due cover, una finta (il brano in gara) e l'altra vera (il pezzo cantato giovedì sera): entrambe così identiche al repertorio di Cochi e Renato da rendere quasi provocatoria l'inclusione tra i Big. Anche se non sembra, la musica è una cosa seria e la produzione del grande Roy Paci non ha evitato loro una evitabilissima caporetto. A dimostrazione che certe formule estemporanee e fulminee come la loro durano lo spazio di un mattino. E poi diventano innocue.
IL VINCENTE Carlo Conti
En plein assoluto: nessuna sbavatura, nessuna polemica, grande show. Dimostra che il «baudismo» è un format molto più longevo di quanto si creda perché, quando sono affiancati, talento e impegno sono imbattibili. Grazie a lui, il Festival è tornato a essere anche «una cosa per giovani», nonostante sia un format inalterato da oltre mezzo secolo. Insomma, in cinque puntate ha dimostrato che, per fare un grande show, non ci vogliono effetti speciali: basta saperlo fare. E oggi, con la De Filippi, è il personaggio tv più in sintonia con il pubblico.
LA VITTIMA Anna Tatangelo
La musica leggera popolare è la negazione dei pregiudizi dei quali Anna Tatangelo è vittima. Ha cantato bene una canzone superiore alla media delle altre sia nella musica che negli arrangiamenti. È stata inappuntabile anche nell'interpretazione della cover, nonostante molti l'aspettassero al varco. Per il resto è rimasta low profile nel look e in radio e tv. Questo Sanremo è stato un grande atto di umiltà di una cantante bombardata come raramente è accaduto in Italia. E, invece di chiedersi che cosa fa di male, sarebbe giusto chiedersi se si meriti tutto il male della critica.
LA SORPRESA Rocco Tanica
È arrivato a sorpresa e nessuno se lo aspettava, anche perché lui faceva parte della commissione selezionatrice dei cantanti. Però ha centrato il bersaglio. I suoi collegamenti dalla sala stampa non hanno soltanto convinto i giornalisti (radiografia del radicalchicchismo italiano), ma anche il pubblico a casa che, dalla terza serata in avanti, ha iniziato a chiedersi: ma perché lui va in scena in tarda serata e Pintus nell'ora più pregiata degli ascolti televisivi? Domanda senza risposta, come spesso accade.
LO STONATO Raf
D'accordo, aveva la bronchite che è uno dei guai peggiori per un cantante durante un concorso canoro. E ha pagato caro il fatto che Conti non l'abbia precisato bene al momento della votazione. Ma, al netto, la canzone era brutta e inadatta al grande rientro di un grande artista. E la cover, mamma mia: «Rose rosse» era la scelta peggiore per un cantante con le sue caratteristiche. Perciò non ha stonato soltanto nell'interpretazione: ha stonato per tutto il Festival, dalle canzoni all'atteggiamento fino all'incomprensibile riserbo con la stampa. Bocciato.
I BASTONATI I Soliti Idioti
Non erano più i Soliti Idioti ma i Nuovi Bastonati. A ragione. Spedizione fallimentare per il duo similcomico che al Festival si è presentato sostanzialmente con due cover, una finta (il brano in gara) e l'altra vera (il pezzo cantato giovedì sera): entrambe così identiche al repertorio di Cochi e Renato da rendere quasi provocatoria l'inclusione tra i Big. Anche se non sembra, la musica è una cosa seria e la produzione del grande Roy Paci non ha evitato loro una evitabilissima caporetto. A dimostrazione che certe formule estemporanee e fulminee come la loro durano lo spazio di un mattino. E poi diventano innocue.
LA DELUSIONE Alessandro Siani
Non ha «sbagliato» soltanto la battuta sul ragazzino paffuto: quella era solo inopportuna, soprattutto per il contesto. Ha sbagliato l'approccio del comico che apre il Festival di Sanremo, togliendo l'aura sacrale che un intervento del genere deve necessariamente avere. Ha parlato come durante una qualsiasi delle sue serate o dei suoi film, come se il pubblico lo conoscesse a menadito, come se tutto gli fosse concesso. Ma Sanremo non perdona e difatti non l'ha perdonato. E lui faticherà molto a rimediare allo sbaglio.
IL TALENTO Malika Ayane
A prescindere dal risultato, è stato il suo Festival. Una bella canzone interpretata sempre meglio. Un testo elegante. Una presenza scenica personale e garbata. Malika, che ha pronto un disco forse nel complesso persino superiore al singolo brano in gara, ha atteso un bel po' prima di tornare sulle scene. Ha vissuto all'estero, è rimasta in disparte. E ha scelto il momento giusto. Perciò ieri notte quando è sceso il sipario della 65ª edizione tutti hanno confermato: è stato il Festival di Malika, e non solo perché ha vinto il premio della Critica. Chapeau.
LA RIVELAZIONE Giovanni Caccamo
Anche Fiorello ha tifato per lui. Caccamo è arrivato al Festival come giovane proposta sconosciuta ai più. Lo ha vinto. E ha convinto. Bello, poco più che ventenne, eclettico, ispirato nella scrittura (ha partecipato anche al brano di Malika) e soprattutto motivato. Un giorno ha aspettato per ore il conterraneo Franco Battiato solo per consegnargli (con successo) le proprie canzoni.
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