Cultura e Spettacoli

Quando la Costa Azzurra era una colonia dorata dell'"impero" britannico

Negli anni Trenta del '900 gli inglesi vi arrivavano con Le Train Bleu. Innamorandosi del suo charme

Quando la Costa Azzurra era una colonia dorata dell'"impero" britannico

Negli anni Trenta del Novecento la Costa Azzurra dei francesi, che nel decennio precedente era stata scopetta e reinventata dagli americani, venne colonizzata dagli inglesi. Non è uno scioglilingua o un gioco di parole, ma un dato di fatto a cui la presenza nel 1936 di Edoardo VIII, fresco re d'Inghilterra, allo Château de l'Horizon, e la sua riapparizione due anni dopo allo Château de la Croé nella nuova veste di duca di Windsor, mise il sigillo finale, così come l'inaugurazione del Train Bleu nel 1924 aveva significato il fischio iniziale.

Meno noto come il Calais-Mediterranée Express, scompartimenti di sola prima classe, 80 passeggeri in totale, non più di dieci cuccette per carrozza, folti tappeti lungo i corridoi, menu del wagon-restaurant scritto a mano, porcellana con motivi floreali in oro, posate d'argento e fiori freschi su ogni tavolo, Le Train Bleu partiva da Londra, faceva risvegliare i passeggeri a Parigi, serviva il breakfast che si era a Saint-Raphaël, terminava la sua corsa a Mentone. «Abbandonate la nebbia della City e andate a prendere il sole della Riviera» diceva la pubblicità. E il treno divenne subito così famoso che Agatha Christie ci ambientò un romanzo, The Mystery of the Blue Train, e Diaghilev gli cucì addosso un balletto, Le Train Bleu, sceneggiatura di Cocteau, costumi di Coco Chanel, musiche di Milhaud. Il sipario, due gigantesse sdraiate su una spiaggia contro un cielo di purissimo azzurro, era di Picasso.

Nel 1926 William Somerseth Maugham c'era salito per evitare che lo scandalo sessuale legato all'arresto del suo amante americano Gerald Haxton, sorpreso in un pubblico orinatoio a manovrare un pene non di sua proprietà, gli si rivoltasse contro. In Riviera si era comprato una bellissima villa, l'aveva ribattezzata «La Mauresque», aveva al suo servizio tredici persone, amava invitare e ricevere. Il party tenuto nell'agosto del 1938 per festeggiare la presenza del duca di Windsor e consorte rappresentò in qualche modo il sodalizio di due illustri esuli volontari, il più famoso degli scrittori inglesi viventi e il più famoso dei regnanti viventi, ma non più in servizio.

Come Maugham, anche D.H. Lawrence era finito in Riviera per motivi sessuali, anche se in questo caso erano inerenti alla sua arte di narratore. Lady Chatterley's Lover non trovava un editore in patria, perché troppo scabroso, ma la Francia l'aveva appena pubblicato. Abitava non lontano dalla casa, a Sanary-sur-mer, di Aldous Huxley che allora poteva gareggiare, per fama, con lo stesso Maugham e che proprio a Sanary avrebbe scritto, nel 1932, Brave New World. Grasse era invece il rifugio preferito di P.G. Wodehouse, anche per la sua vicinanza al Casino di Cannes, dove andava a puntare tutte le sere. Ancora fra gli scrittori c'era Cyril Connolly, che stava in affitto nei dintorni di Sanary, a «Les Lauriers Roses», e che lì scriverà il suo unico romanzo, The Rock Pool, e il più prolifico H.G. Wells, che sfornava romanzi con la stessa velocità con cui intrecciava relazioni sentimentali: «Un'amante rende la mia vita più tranquilla» era la spiegazione. Wells viveva nella villa «Lou Pidou», che in provenzale vuol dire «Il tesoro», prima con Rebecca West, poi con Odette Kean, una che a ogni tradimento si tagliava le vene, ma essendo infermiera sapeva come farlo senza troppi danni... Nel 1932 il nuovo amore di Wells era Moura Budberg, russa di nascita, già amante di Gor'kij, grande bevitrice di vodka.

Per quanto non fosse uno scrittore, Lord Rothermere può essere fatto rientrare nella categoria alla voce «carta stampata». Era uno dei baroni della stampa britannica, possedeva una gigantesca villa a Cap Martin, «La Dragonnière», collezionava amicizie politiche, amava la pittura e le donne. «My old mistresses are much more expensive than Old Masters» era il suo gioco di parole preferito e insomma l'acquisto di un Rubens era più economico del mantenimento di una vecchia fiamma.

Rothermere introduce un po' il capitolo dei politici inglesi conquistati dalla Costa Azzurra, ma, come scrive Anne de Courcy nel suo informatissimo Chanel's Riviera (Weidenfeld & Nicolson, pagg. 293, sterline 20) va detto che il vero trait-d'union in materia fu la francesissima Coco Chanel. Allora amante in carica del duca di Westminster, l'uomo più ricco d'Inghilterra, Coco aveva comprato a Roquebrune un terreno su cui aveva costruito «La Pausa», una villa in marmo bianco dal gusto squisito. «La Pausa» vide in quegli anni un susseguirsi di ospiti e di ricevimenti che avevano più a che fare con Buckingham Palace che con l'atelier di rue Cambon dove regnava Chanel. A parteciparvi erano nomi come Oswald Mosley, ancora sposato con la figlia di Lord Curzon, il vice-re delle Indie, e che aveva il suo buen retiro all'Hôtel du Cap. Anche Lord Castlerosse, chiamato Lord Elephant per la sua stazza, ne era un assiduo frequentatore, nonché bon vivant. Sorpreso nudo all'alba nel corridoio dell'albergo da un'altra ospite, al grido d'orrore di quest'ultima, «Dio mio!», aveva replicato: «Sì, Madame, ma per oggi strettamente in incognito».

Quanto a Winston Churchill, era di casa allo Château de l'Horizon dei Windsor, ma soprattutto al Casino di Montecarlo. Era lì anche il 22 agosto del 1939 e stava talmente perdendo che il direttore gli suggerì di fermarsi. Fece ancora una puntata sul rosso, uscì il nero e, rassegnato, si alzò. «Pagherò domani» disse, ma l'indomani ci fu la firma del patto Molotov-Ribbentrop e Winston rientrò di corsa a Londra: la Seconda guerra mondiale era ormai certa. Tornerà al Casino di Montecarlo solo nel 1947: l'assegno con cui nell'occasione onorò il suo debito prebellico, non fu mai incassato e ancora oggi campeggia incorniciato in una delle sue sale.

L'anno prima di quella infausta, in tutti i sensi, puntata di Churchill, sempre a Montecarlo c'era stato ancora tempo per The Abdication Party in ricordo di un sovrano inglese non più tale. Lo organizzò il poeta Brian Howard nella sua casa vicino al Cafè de la Marine. Gli ospiti venivano accolti dal discorso, registrato su disco, con cui Edoardo VIII aveva detto addio al suo regno e da un altare improvvisato davanti al quale Brian stava inginocchiato... Molti se ne andarono imbarazzati, altri restarono e si ubriacarono, l'ubriachezza si trasferì all'aperto, ci fu una rissa, arrivò la polizia.

Erano un po' gli ultimi fuochi. Nel maggio del '40, la drôle de guerre, la strana guerra cominciata nell'estate precedente, finì improvvisamente. La Linea Maginot, i cui due primi e più imponenti forti dominavano proprio la Costa Azzurra, fu resa inservibile semplicemente girandole attorno, la Francia intera cadde come una pera troppo matura e la Riviera assistè alla fuga precipitosa quanto disordinata dei suoi colonizzatori inglesi. Uno di essi, P.G. Wodehouse, troppo pigro per mettersi in salvo in tutta fretta, finì in un campo di prigionia tedesco. Umoristicamente fece sapere che non era poi così male: faceva finalmente ginnastica all'aria aperta, il rancio gli dava l'occasione buona per dimagrire... In patria lo presero per un collaborazionista.

Le Train Bleu divenne un ricordo. L'inglese Norman Douglas, che ne aveva nostalgia, lo fece rivivere a suo modo nella casa londinese di Nancy Mitford. Metteva le poltrone del salotto in fila, indossava un cappello da capostazione, dava fiato al fischietto per segnalare la partenza, imitava lo sbuffo della locomotiva, annunciava via via le stazioni. La Cunard imitava il suono delle rotaie e le voci dei personaggi che un tempo ne erano stati i passeggeri, gli stessi in questo articolo ricordati.

«Siamo arrivati a Nizza!» urlava alla fine Norman abbracciando felice Nancy: «Ecco le palme de la Promenade des Anglais».

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