Cultura e Spettacoli

Quegli ebrei soldati d'Italia ricambiati col tradimento

Quegli ebrei soldati d'Italia ricambiati col tradimento

C'è Roberto Sarfatti, il figlio di Margherita, volontario a 17 anni nella Grande Guerra, caduto nel gennaio 1918 sul Col d'Echele. Il monumento che la mamma, la quale fu amante di Mussolini, vuole dedicargli sul luogo della morte, viene terminato nell'agosto 1938 e inaugurato alla presenza di Vittorio Emanuele III. A novembre vengono promulgate le leggi razziali. E c'è Amelia Rosselli, scrittrice e interventista, che perde un figlio in guerra nel 1916 e in memoria di lui apre «La Casina di Aldo», un rifugio per orfani e figli di combattenti. È la mamma di Carlo e Nello Rosselli, antifascisti militanti, assassinati nel 1937 durante l'esilio francese. Ecco Alberto Segre, padre della senatrice a vita Liliana, deportata con lui nel campo di sterminio di Auschwitz. Era «un ragazzo del '99» pieno di entusiasmo.

«Soffrì moltissimo quando gli fu ritirata la tessera dell'Unione nazionale ufficiali in congedo d'Italia. Poi fu ucciso a Auschwitz», ricorda Daniela Scala, curatrice della mostra che racconta queste e altre storie. Alberto Segre e la figlia Liliana furono deportati nel 1944 dalla Stazione Centrale di Milano, dal Binario 21 che è sede del Memoriale della Shoah, il luogo-museo che da domani al 4 novembre ospita «Ebrei per l'Italia. Jews for Italy». Pannelli, video e immagini per un paradosso: l'entusiasmo degli ebrei italiani per la nazione, l'illusione che la cittadinanza passasse dall'imbracciare le armi. Molto rapido il percorso che li trasformò in perseguitati.

Tremilaottocentosette i soldati ebrei italiani di cui si ha notizia a oggi, 48 crocerossine, oltre 300 caduti. E 241 deportati dopo vent'anni di vita sociale e politica fatta da uomini come i senatori Giulio Bergmann e Elio Morpurgo, i Mario Donati e Edoardo Weiss. O Gilberto Errera, pilota al fianco di Gabriele d'Annunzio durante molte azioni, quattro medaglie d'argento. Anche lui fu costretto alla fuga.

Volti che non smettono di interrogare.

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