Cultura e Spettacoli

Quei martiri cristiani uccisi dai samurai che ispirano anche Martin Scorsese

Pagarono il prezzo dell'odio anti occidentale del Giappone feudale

Quei martiri cristiani uccisi dai samurai che ispirano anche Martin Scorsese

L'atteso film di Martin Scorsese Silenzio è tratto dall'omonimo romanzo (del 1966) di uno dei massimi scrittori giapponesi, Shusaku Endo. La storia è questa: nel XVII secolo il capo della missione gesuita in Giappone, il padre provinciale portoghese padre Cristovão Ferreira, sottoposto a tortura ha abiurato. Tre suoi discepoli partono dall'Europa per appurare la notizia e, se vera, indurlo a rinsavire. Due riescono a sbarcare nel Sakoku («paese chiuso») ma sono catturati. Uno preferisce annegare in mare pur di non tradire, all'altro viene chiesto di eseguire il fumie, cioè calpestare un crocifisso. È un atto formale che salverà lui e tutti i kakure kirishitan (cristiani nascosti) locali, di cui sente le urla strazianti. Per i cristiani il potere nipponico ha escogitato supplizi interminabili onde dar loro modo di abiurare. Per esempio, legati a croci sulla spiaggia: l'alta marea li sommerge lentamente fino al mento, per morire ci vogliono tre giorni. O, con un mestolo, li si irrora di acqua solforosa e bollente nelle terme di Unzen. Anche i bambini o le donne incinte. Oppure: sega di bambù e poi sale sulle ferite, e si va avanti così. Ancora, il mino odori: si cosparge il mino (mantello di foglie) di olio di lampada e si dà fuoco; il suppliziato danza (odori) urlando, di notte l'effetto è più suggestivo. Il peggiore sistema è l'anatsurushi: mani legate dietro la schiena, appesi per i piedi con la testa immersa in una fossa di immondizia e escrementi, un taglio all'orecchio perché il sangue non congestioni la testa. Si muore per soffocamento dopo giorni. Il Ferreira ha resistito sei ore così, poi ha accettato di eseguire il fumie. Spiega lo storico Tiziano Tosolini (Cercare Dio nella palude, Edb, pagg. 126, euro 11) che solo ai mercanti olandesi si permette l'ingresso in Giappone. Sono calvinisti e non hanno problemi col fumie, come ricordano anche Voltaire nel suo Candide e il Gulliver di Jonathan Swift. Ferreira dice al protagonista che, se non vuol farlo per sé, abbia almeno pietà degli altri torturati. Quello si decide quando sente la voce di Cristo dirgli che, in fondo, Lui è venuto per essere calpestato dagli uomini. Esegue ed è l'alba, un gallo canta. Fine. Endo, cattolico, si rammaricava che nessun giapponese fosse in grado di capire il simbolo del galli cantus, chiarissimo per gli occidentali. Temiamo che nemmeno Scorsese uscirà dallo stereotipo bergmaniano del «silenzio di Dio» sulle sofferenze umane. D'altra parte, anche i papi in visita ad Auschwitz hanno preso l'abitudine di chiederGli «dov'era».

E dire che la risposta l'ha data proprio una martire giapponese, Tecla di Nagasaki, bruciata viva coi suoi figlioletti nel 1597: alla bimba più grandicella che, avvolta dal fumo, si lamentava di non vedere più niente disse che presto avrebbe visto chiaramente tutto.

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