Che Il cacciatore di donne, in uscita fra due giorni, non sia fiction ma purtroppo una incredibile storia vera, è ricordato allo spettatore dallo scorrere dei titoli di coda, accompagnati dalle immagini delle donne che il serial killer Robert Hansen uccise, tra il 1971 e il 1983, vicino ad Anchorage, Alaska. Quelle accertate furono 17 ma quelle scomparse 24.
Il modus operandi usato dall'assassino era simile per ogni vittima. Avvicinava generalmente prostitute (ma non solo) alle quali offriva soldi o per rapporti sessuali o con la scusa di voler far loro dei ritratti fotografici. Le portava nella sua tana dove, dopo aver fatto ciò per cui venivano pagate, le ammanettava e violentava brutalmente. Infine, le caricava sul suo aereo e le portava in montagna (l'Alaska è lo Stato più vasto degli Usa) dove le liberava dando vita a una battuta di caccia umana che finiva immancabilmente con la morte della ragazza. Nella confessione, Hansen ammise che «dare la caccia a una donna è più divertente che cacciare un grizzly». Il clima rigido e gli animali facevano il resto, per celare i corpi.
Essendo una storia vera, il film non si dipana come il classico thriller dove il serial killer è sconosciuto. Qui, fin dall'inizio, si sa chi sia il colpevole ed è un handicap non da poco. I sospetti, all'epoca, erano concentrati su Hansen ma mancava la «prova regina», anche se una prostituta era riuscita a sfuggire all'assassino raccontando ciò che le aveva fatto. L'uomo però convinse un amico a dire il falso e la testimonianza della ragazza finì, per un po', in niente. Pare impossibile, ma senza la caparbietà di un detective che fece di tutto per dimostrare la colpevolezza del maniaco trovando le prove decisive, chissà quante altre donne avrebbero pagato con la loro vita. Ecco, su questa partita a scacchi psicologica tra il carnefice che si sente braccato, il detective che si sente impotente ma non molla e la testimone inascoltata e minacciata, l'esordiente Scott Walker costruisce un intenso psycho-thriller giocato molto sulla bravura dei protagonisti e privo di ogni fronzolo estetico per puntare dritto al cuore della vicenda. John Cusack incarna in pieno la doppia anima del serial killer, insospettabile e amorevole padre di famiglia e, nel contempo, cinico psicopatico che odiava le donne. La vera sorpresa, però, è Nicolas Cage il quale, nonostante il solito ridotto bagaglio di espressioni, riesce a restituirci un credibile e tormentato detective, in una delle prove più riuscite della sua carriera. Così come apprezzabile è Vanessa Hudgens (interpreta la giovane prostituta scampata all'omicidio), la quale dimostra di essere attrice dal futuro roseo.
Certo, un film che non crea suspence parte già svantaggiato. Oltretutto, rientrando nel genere del thriller, avere un finale noto ti fa perdere molto appeal sul pubblico in sala. Eppure, nonostante questi limiti che vanno messi in conto, si rimane catturati dalla pellicola. Che raggiunge il suo scopo proprio nello spiazzare lo spettatore, più volte portato a chiedersi come abbia potuto Robert Hansen a farla franca per così tanti anni. È come entrare nel cuore di un poliziesco, nella sua essenza. Il realismo non viene mai messo in discussione e l'assenza di colpi di scena, pur significativa, pesa fino a un certo punto. Insomma, Il cacciatore di donne è un film diverso dal solito, quasi documentaristico. Una pellicola temporalmente sospesa, come a dire che una simile vicenda non appartiene solo al passato.
Per la cronaca, Robert Hansen è ancora vivo. Ha 74 anni e sta scontando una pena di oltre quattrocento anni di carcere senza possibilità di ottenere la libertà condizionata.
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