Lei è di quelle che il proprio programma se lo portano a casa. Anche quand'è finito. Perché ci sono conduttori che raccontano storie come fossero punti dello share: sfruttandole. E poi ci sono quelli che - come Eleonora Daniele in Storie Vere - tentano di trattarle per quello che sono. Pezzi di vita umana. «Cerco sempre di ricordare il limite che, quando si tratta di cronaca, non vorrei superare - riflette la conduttrice del programma, dal lunedì al venerdì mattina su Raiuno - Mi sforzo di ricordare che le vite che esploriamo sono vissute. I dolori e le gioie che raccontiamo sono autentici. Non bisognerebbe solo raccontarli; ma cercare di condividerli. Con chi li vive. E con chi li segue da casa». E a casa sua, appunto, Eleonora finisce per portarseli. Tutti. «Puoi essere professionale e corazzato quanto vuoi; ma certe storie davvero non possono lasciarti indifferente. Come quella del vigile del fuoco di Adria, che ha salvato la vita ad una donna intrappolata da un'inondazione. O quella di Giulia (nome di fantasia), una volta ricca e ora, con la morte del marito e la rovina finanziaria del figlio, costretta a vivere per strada». Certo: condividere è rischioso. Significa che spesso le storie non finiscono con la fine della trasmissione. «Certi casi cerchiamo di seguirli anche dopo. Io, poi, sono molto concreta: mi viene naturale pensare subito a qualche soluzione pratica. Facciamo quel che possiamo, di tasca nostra». E se non il dolore o la gioia, a casa Eleonora Daniele si porta la rabbia: «Quella di quando non si riesce a far niente. Proprio niente. E davanti alle persone che si rivolgono a noi, magari all'ultima spiaggia, possiamo solo allargare le braccia».
Dall'esperienza umana, oltreché professionale, di Storie vere , la Daniele (che, sulla base di un dramma familiare, è diventata testimonial permanente della Fondazione Italiana sull'Autismo) ha tratto un libro dallo stesso titolo (edito da Rai-Eri). «Dodici storie di donne, diversamente provate dalla vita, tratte dalla cronaca e dall'attualità. Tutte per suggerire uno spunto di riflessione: nel mondo esiste anche questo. Questo riguarda - o potrebbe riguardare - anche me». E quando il risvolto positivo viene negato dalla realtà, la Daniele se lo inventa. «Alcune storie senza soluzione erano davvero troppo sconfortanti. E allora, io che nonostante tutto resto una positiva, cerco di ipotizzare un “happy ending” almeno con la fantasia». Perché la positività è importante: «Per questo trattiamo anche molti casi su temi sociali. E sul modo in cui si sono vinte le difficoltà. Nel lavoro, nella disabilità, nella discriminazione». Certo: con un programma come Storie vere il rischio della polemica è sempre dietro l'angolo.
«Ma a chi critica alcune nostre scelte, rispondo che il male non si può negare. Esiste, come esiste il bene. Ignorare l'uno a favore dell'altro - come anche il contrario, certo - significherebbe solo fare cattiva televisione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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