Talvolta si ritorna al passato. O, ci si sveglia dalle illusioni sul futuro. Da anni si sottovaluta l'influenza delle radio nella diffusione della musica popolare. Il web, ah!, ormai è lui a decidere le sorti della musica. E giù numeri, primi posti e permanenze al top della classifica come se fossero decisivi nel successo popolare di un brano di musica leggera. Una specie di reazione cieca a un equilibrio che molti per decenni hanno contestato come fosse il babau.
E invece pian piano questo luogo comune si sta sgretolando. Il web, ossia il gigantesco flusso musicale composto da streaming e download, produce una quantità di numeri (leggasi clic su YouTube) da far paura. Milioni. Miliardi. Sono, oltretutto, ben poco gratificanti per gli artisti e per i loro staff, che generalmente percepiscono ricompense nettamente al sotto di ogni logica retributiva. Ma questo è un altro discorso. Rimane il fatto che la «musica che gira intorno», ossia quella che sanno riconoscere anche le persone che non la ascoltano direttamente, è soprattutto quella compresa nelle playlist delle principali radio. È ancora da lì che nasce il «buzz» ed è ancora lì, come negli ultimi quarant'anni, che si consacrano i gusti popolari.
E il primo posto in classifica del nuovo disco di Zucchero (dopo che il singolo Partigiano reggiano è stato per settimane tra i più trasmessi in radio) ne è la conferma. Lui non è un «attivista social» però piace al grande pubblico. Le radio lo consacrano. E il web non ha ancora la potenza per fare la stessa cosa. Né con lui. Né, tantomeno, con nessun altro.
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