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L'altra sera in Piazza del Popolo a Roma oltre ventimila persone hanno festeggiato i venti anni di trasmissioni di Radio Capital. E lo hanno fatto seguendo e applaudendo, spesso con un po' di nostalgia, il concerto di Nile Rodgers accompagnato dall'Ensemble Symphony Orchestra. Per quei pochi che non lo sanno, Nile Rodgers è stato prima un pionieri del funk, poi un Re Mida e adesso è anche un venerato maestro di un genere musicale che, tra la metà degli anni Settanta e il decennio successivo, ha innestato nuovi cromosomi nella musica. Dance, innanzitutto. Ma non solo. Con gli Chic ha lanciato Le freak, successo planetario di dimensioni gigantesche. E poi I want your love oppure Good times. E da solo, come produttore, autore, musicista ha co-firmato altri megasingoli come We are family delle Sister Sledge, Upside down di Diana Ross o Let's dance di David Bowie. Da ultimo, questo chitarrista 64enne è stato il «deus ex machina» di Get lucky dei Daft Punk, altro best seller mondiale di un paio di anni fa. Insomma, avete capito: uno dei nomi più influenti della musica leggera.

E, accettando di essere la star di questo concerto a Roma, ha confermato ciò che quasi tutti gli esperti del settore velatamente ammettono: nell'epoca della musica liquida e dello streaming compulsivo, sono ancora le playlist delle radio a determinare il vero successo (o il vero insuccesso) di un brano pop. Come accade da decenni. E come è difficile cambi nell'immediato futuro.

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