Radiogiornale

Il web sembrava un avviso di garanzia per la radio. La musica «liquida», l'informazione in tempo reale e la condivisione social sono apparsi subito come una condanna per il «media» più importante del Novecento. Più della televisione, che in Italia è arrivata quasi dieci anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. E più di Internet, che si è consolidata soltanto agli sgoccioli del secolo. In ogni caso, dieci anni fa si parlava della radio come di una «cara estinta» più o meno come si parlava dei barrocciai intorno agli anni Venti del Novecento. Invece non è andata così. Dimostrando di essere più agile di qualsiasi previsione, la radio ha reagito benissimo, consolidando e anzi aumentando il bacino di ascolto. Non solo: ha abbassato l'età media di fruizione, diventando il «media» che meglio ha saputo reagire alla rivoluzione. E i dati dell'anno che finisce oggi lo confermano. Sotto il profilo musicale, quasi tutti i brani pop che si possono considerare «di successo» sono stati incoronati dalle radio, non dallo streaming né, tanto meno, dal download. Le news più attendibili in tempo reale, vedasi il caso del terremoto in Centro Italia, sono arrivate dalla radio. E anche l'agenda politica - attraverso programmi di informazione come Non Stop News di Rtl 102.

5 o Radio Anch'io di Radio1 (giusto per citarne un paio) - è stata molto spesso filtrata e diffusa attraverso i microfoni radiofonici. Perciò, ora che siamo a 92 anni tondi tondi dal debutto italiano della radio, si può dire che pochi altri «media» hanno dimostrato di essere così longevi. E così credibili.

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