RECENSIONI

La zingara guerriera, presentata in forma di concerto al Dal Verme di Milano, è un’opera da soffitta. Bisogna pensare di ritrovarla lassù, fra le casse, con l’affetto per il passato e la voglia di rievocarlo. Paolo Limiti, che è un eccellente professionista delle rievocazioni nel campo della canzone, predilige le nostalgie, e provandosi a scrivere un libretto, ha pensato di farlo con l’armamentario verdiano, mescolando amori, risorgimento e zingare, baci e spari. A volte un po’ di tenera ironia rivela il garbo del linguaggio, ma in genere i personaggi sono infilzati da troppa voglia letteraria e la storia barcolla: Esempio: «Dillo ancora, dillo ancora, quanto stupore tu metti all’amore», dice Aleardo. Ed Estella: «Ciò che tramuta in sangue la stillante brina estende sopra ignoti tumuli le foglie».

Non la sostiene comunque il musicista Luigi Nicolini, che vi zigzaga con moduli in similpucciniano. Abbozzata da Daniela Dessì con Armiliato ed altri e agitata dal direttore Steven Mercurio, ed offerta ad un pubblico di invitati è stata accolta affettuosamente.

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