Rita Dalla Chiesa: "Terroristi pontificano Senza pentirsi in tv"

Rita Dalla Chiesa non ha dimenticato il suo dolore per la morte del padre ucciso dalla mafia e in prima linea contro i terroristi rossi

Rita Dalla Chiesa: "Terroristi pontificano Senza pentirsi in tv"

Rita Dalla Chiesa non ha dimenticato il suo dolore per la morte del padre, il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ucciso dalla mafia a Palermo e da sempre in prima linea contro il terrorismo che ha chiuso in una morsa il Paese negli anni '70 e '80. Adesso gli ex terroristi rossi sono tornati in tv per parlare di quanto accaduto in quegli anni. E in un'intervista a La Verità con Gianluigi Nuzzi, la Dalla Chiesa si sfoga: "Sono amareggiata perché quando ci sono questi momenti vengo risucchiata indietro di qu a ra nt’anni riprovando lo stesso dolore. Di fronte agli ex terroristi che tornano in tivù e pontificano, avrei voluto vedere lo stesso sdegno della gente per l’intervis ta a Totò Riina. Come mai invece non c’è stato? Questa storia dell’eversione di sinistra è stata sempre protetta dai salotti rossi, da certa intellighentia. Vedevano infatti in quei ragazzi, solo dei giovani che sbagliavano, non degli assassini. Così oggi vedere degli ergastolani che dopo vent’anni sono già fuori dà rabbia e genera un profondo senso di sconfitta e ingiustizia. Non sono una giustizialista, ma ci sto male, perché la mia famiglia come tantissime altre, ha pagato in modo pesante tutta questa storia".

Parole dure che fanno riflettere e che fanno discutere. Poi l'ex conduttrice di Forum rincara la dose: "La storia degli Anni di piombo non deve essere raccontata dagli ex terroristi. Perché hanno la loro visione di quel periodo e dovrebbero mettersi dalla parte - loro con l’eskimo e la P38 - di chi all’epoca portava la divisa. La gente oggi ricorda i nomi di Renato Curcio, Alberto Franceschini e Adriana Faranda ma se chiedi i nomi di giudici, magistrati, giornalisti morti in quegli anni non ti sanno indicare un nome…". Infine la Dalla Chiesa parla della mancanza di pentimento da parte dei brigatisti: "Non ho visto un barlume di pentimento, una richiesta di scusa a chi hai fatto tanto male.

Certo poi c’è Patrizio Peci che vorrei conoscere, guardare in faccia, gli è stato ucciso un fratello per essersi dissociato e aver iniziato a collaborare con mio padre, al quale si era molto legato. Ma in loro in tivù, non ho letto la minima colpa. C’era un compiacimento nei loro occhi".

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