«Ma quale ritocco? Avevo un vitino da vespa e quella foto mi ricorda i miei inizi», dice Claudia Cardinale, commentando il manifesto del festival di Cannes, dov'è attesa dal 21 al 23 maggio, invitata dall'amico Therry Frémaux: il photoshop delle polemiche le avrebbe fatto perdere una taglia, mentre balla, nel 1959, libera e audace su una terrazza romana, gambe al vento e chiome all'aria. Nessun diktat della magrezza, insomma. «Ero magra perché mangiavo e mangio molto poco», spiega la diva 79enne, punteggiando di svagati risolini di gola tutto quello che dice. C.C. è selvaggia ora come allora: i capelli non conoscono piega, il viso ignora il botox e collo, mani e polsi tintinnano di vistosi bijoux ragazzeschi. La bellezza profonda permane e il tratto arabo di lei, tunisina di La Goulette, emerge deciso mentre La ragazza di Bube avanza nel tempo a passi certi. Così certi di sé da dare in pasto il suo divismo, lì, sul marciapiede. Chi si fa autografare tra i manifesti dei suoi film e chi l'acchiappa per un selfie. Intanto, il genero-manager, l'artista giapponese Samon Takahashi, che con la figlia di lei e di Squitieri ha avuto un bambino, Milo, promette una macchina che non arriva. Claudia dondola la sua borsetta di velluto nero: ha dovuto promuovere Una gita a Roma (dal 4 maggio), film dell'esordiente Karin Proia, dove fa da traino col personaggio della sciroccata Marguerite. Per premiarsi, accende l'ennesima sigarettina Vogue Lilla. «Tanto non l'aspiro», mente.
La storia del ritocco sul manifesto di Cannes ha fatto discutere. La sua fisicità prorompente, dei primi tempi della sua carriera, non va più di moda?
«Nessun ritocco. Né sulla foto, né sul viso. Sono assolutamente contraria. Fisicità prorompente? Mangiavo poco fin da bambina. Ho sempre mangiato poco, lasciavo tutto nel piatto. Mia madre, per punirmi, mi metteva davanti sempre lo stesso piatto».
Sua madre Yolanda era severa?
«Era una donna d'altri tempi. Mi diceva: Non ti si vedranno le rughe, perché stai sempre a ridere. Quando è morto mio padre Francesco, a novantadue anni, m'ha rivelato: Sai, io e lui abbiamo fatto l'amore fino a un momento prima che morisse».
In Una gita a Roma, storia di due bambini che si perdono tra i vicoli della città, interpreta la svagata Marguerite. Il personaggio le somiglia?
«Sì: anche io sono un po' pazza ed eccentrica. Il mio personaggio tira un secchio d'acqua, bagnando i bambini, però involontariamente li salva. Lavorare con i bambini è stupendo! I bambini mi piacciono. Da piccola, ero una peste: facevo sempre impazzire mio padre, prendendo da sola il treno per Cartagine. All'epoca, abitavamo a Tunisi».
Diretta dai più prestigiosi registi, che cosa l'ha spinta ad accettare il film di un'esordiente?
«Quando Karin m'ha portato il copione, a Parigi, mi sono entusiasmata, anche se faccio un'apparizione. Le ho detto sì perché amo le opere prime, amo lavorare con le persone che iniziano. E' bello vivere tante vite, per questo continuo a lavorare».
E' difficile, oggi, girare film di qualche peso. In 170 film, lei ha lavorato con i registi e gli attori più prestigiosi: ha rimpianti?
«Mi sono molto divertita. Con Luchino Visconti, che all'epoca de Il Gattopardo, quando Lucherini mi fece girare a Cannes, sulla spiaggia, con un ghepardo, mi diceva: Non devi baciarlo, non è un gatto!. Ma le foto in cui baciavo il ghepardo erano per beneficenza: furono vendute a un prezzo stratosferico. Quando andavo a cena da Visconti, sotto il tovagliolo mi faceva sempre trovare un gioiello di Cartier... E con Jean-Paul Belmondo: quattro film insieme e, ogni volta, mi faceva: Seduci il direttore dell'albergo!... Fellini la prima volta sul set mi chiese: Ma tu, di chi ti sei innamorata?. Quando mi scelse Monicelli per I soliti ignoti, ancora non parlavo italiano. Ho girato Il gattopardo e 8 e ½ in contemporanea. E non ho finito: ho tre film in uscita».
Quali?
«Nobili bugie, commedia nera con Giancarlo Giannini: un'altra opera prima, dove sarò una nobile decaduta.
Poi Rudy Valentino di Nico Cirasola e infine Effie Gray. Storia di uno scandalo, dove recito con Emma Thompson: sarò di nuovo un'aristocratica, ai tempi dei pittori preraffaelliti. Nella vita non bisogna fermarsi mai. Sempre guardare avanti».
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