Cultura e Spettacoli

Il ritratto? Di cognome fa Vernizzi

A Parma le opere dei due pittori raccontano cent'anni d'arte

Il ritratto? Di cognome fa Vernizzi

Non proprio due outsider, ma di certo due artisti impermeabili alle mode del momento: Renato e Luca Vernizzi, il primo allergico a certe forzature ideologiche degli anni Sessanta, il secondo al minimalismo e al poverismo anni Settanta, «dipingono e basta», per parafrasare una battuta di Renato, che di Luca è padre, alla giornalista Natalia Aspesi, nel lontano '59. Renato Vernizzi è mancato ormai cinquant'anni fa, ma la sua Parma ne celebra il talento in una mostra da APE Parma Museo che ragiona sulla di lui pittura, a confronto con quella del figlio Luca. Più che di pittura in senso lato, Io tu io. Renato Vernizzi e Luca Vernizzi: un secolo di ritratti mette in mostra l'abilità dei due artisti di rappresentare la figura umana.

Voluta da Fondazione Monteparma, che continua la sua attività di riscoperta e valorizzazione del patrimonio artistico locale, la mostra è curata da Angelo Crespi e Carla Dini e presenta, in una sorta di dialogo intergenerazionale che attraversa tutto il '900, i ritratti dei Vernizzi e il loro punto di vista sul mondo. Ne esce una galleria umana molto riconoscibile: se è vero che entrambi i Vernizzi hanno spesso scelto i familiari come soggetto privilegiato delle loro tele, non mancano personaggi noti, alcuni dei quali legati proprio alla città di Parma. Si passeggia nelle sale della mostra e si incontrano i volti di Arturo Toscanini, Baldassarre Molossi, Giulietta Masina, Mariuccia Mandelli in arte Krizia, Giovanni Testori, Giuseppe Sgarbi, Umberto Veronesi, Paolo Crepet... Un numero considerevole, a dire il vero, visto che l'intera esposizione, grazie ai prestiti provenienti dalla raccolta d'arte di Fondazione Monteparma e da collezionisti privati, consta di un centinaio di opere, permettendo così di ricostruire i momenti salienti della produzione dei Vernizzi tra assonanze e divergenze. Parliamo di due stili e personalità differenti, e non solo perché appartenenti a generazioni diverse. Renato Vernizzi (1904-1972) si nutre di tutte le complessità del primo Novecento: da Parma muove verso Milano dove si lascia sedurre dai chiaristi lombardi, con la loro pennellata impressionistica e luminosa, lontana dai rigori che avrebbe voluto Margherita Sarfatti con il suo ritorno all'ordine. Sotto la Madonnina si sperimenta il nuovo, ma il pittore parmigiano è poi attratto da altro: ammira la cura dei ritrattisti del Cinquecento, la pennellata raffinata di Boldini, la compostezza formale di Casorati. I suoi ritratti, spesso dedicati alla moglie, al padre e anche al figlio Luca, sono lirici atti di devozione. Luca Vernizzi, oggi ottantenne, cresce osservando tutto questo ma poi sviluppa un suo stile personale, anche nel ritratto: i suoi personaggi sono solitari, essenziali, lineari, sobri, rarefatti. Li osserviamo in mostra: vivono di sottrazione.

Nascono come copie dal vivo e diventano istantanee intime e personali.

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