Cerco un mecenate d'altri tempi, somigliante a re Ludwig II di Baviera. La crisi finanziaria ha ridotto lo scrittore in un hobbista, ed io bisogno di un mio regno difensivo, dove continuare a costruire il mio impero letterario. Gli imbrattacarte, per quanto mi riguarda, dovrebbero invece dedicarsi a farsi servi, devoti e prodighi a servirmi, lesti. Chiara Gamberale potrebbe lucidarmi con cura i pavimenti. Antonio Scurati sarebbe perfetto come autista. Nicola Lagioia garzone e un po' giullare. Potrei continuare, non lo faccio, me lo impedisce Richard Wagner. Lasciate il palco all'eccellenza, siate pubblico, oppure colf e maggiordomi. Ricordo un principe viennese dal nome altisonante, un tale Jakob von Auersperg Dietrichstein, lui a finanziare il poeta austroungarico Sebastian Kamerhofer, a elogiarne la seppur discutibile finezza, onorato di poter innalzar di questi l'altrimenti impervia residenza esistenziale. D'improvviso in memoria ora mi appare Coco Chanel seduta in diagonale sulla mente di Jean Cocteau che amava tanto. Lei a donargli gioielli e un monastero egizio per l'estate, e poi denaro a profusione perché di nulla si privasse, che ne so, di una pantera fantasmatica dall'anima meccanica, o di zenzero in listarelle dall'esattezza di un centimetro.
Questa è vita, e non nella realtà di questo mondo, ma nell'universo che ricerco, lontano dagli ipermercati e dagli sforzi per resistere, in una dimensione che appartiene solo all'alfabeto che da sempre obbedisce al mio comando. Non voglio più sapere che esistono bollette, affitti, l'Enel, le royalties da monetine in un cappello, gli anticipi da Caritas. Voglio invece una scrivania art déco dalla bellezza innominabile, e l'esultanza di una vita irripetibile. Altroché la miseria che mi offrono le casupole editrici nella convinzione debba forse ringraziarle, profondermi in inchini e poi rinchiudermi in una stanzetta al freddo livido, a scriver libri con la pioggia che intanto scende a catinelle dal soffitto. Perché il futuro si prospetta micidiale, per chi della grandezza ha scelto il centro. Lasciate io sia il compasso della perfezione alfabetica di un cerchio. Donatemi il lusso di una vita che somigli alle mie lettere, e una corona sul cranio sfavillante della mia impavida ricerca letteraria. Non è proprio mia intenzione trovarmi un lavoretto, in biblioteca per esempio, o a fare la commessa, la badante, io, la dolce Cenerentola. Desidero la santa pace che la mia parola merita, l'eleganza del silenzio che solo il cinguettio dei pettirossi può interrompere, e poi scrivere, non altro, sempre, disegnando una verticale prossima a conficcarsi nell'immenso.
Per furioso slancio lirico ho dimenticato di dirvi il nome che posseggo, ovvero Isabella dal cognome Santacroce. Fatico a credere ci sia davvero chi del tutto mi conosce, libero dal furbesco pregiudizio che mi è stato scagliato addosso dai biliosi come un sasso. Ebbene, non sono un'esaltata per naturale inclinazione all'ingiustificata tracotanza, oppure una scrivente irrilevante che si atteggia da incoronata e eterna martire, o un'opportunista desiderosa di una Bugatti Veyron da guidare nell'intento di oltrepassare il deserto spirituale che l'attornia. Sono invece Letteratura inimitabile, definita da Cesare Garboli, ultimo grande critico oramai non più vivente, stupefacente, ipnotica, incantatoria e pure altissima. Ah! Meritocrazia quanto ti bramo! Ridotta dall'invidia dei codardi in un miraggio, è la placenta della disfatta a custodirti. Ma verrai alla luce, un giorno, me lo sento, e sarai neonato atroce e intollerabile, per chi ha cercato di abortirti. Quindi adesso lo ripeto in la bemolle andante ascetico: cerco un mecenate, e che sia madornale se possibile. Ringrazio le mie mani, ogni sacrificio compiuto in nome della non arresa, e i grandi Maestri ringrazio enormemente, gli indimenticabili, gli imperdonabili, i rivoluzionari, i girasoli e tutti gli elefanti.
In assenza di meritocrazia, chiedo la presenza di chi ne sostituisca il giusto compito. C'è chi ora forse crederà io sia solita sperticarmi in questo stile di scrittura stucchevolmente arcaico, ed è in tal caso quindi necessario leggere di me anche solo la seconda trilogia dal titolo Desdemona Undicesima, per così verificare quanto io riesca a essere ogni opposto, e divenire in ogni libro un'altra cosa. Anche la mia immagine con la mia scrittura si modifica, ne diventa specchio, corpo disumano. Però, mi chiedo mentre la punteggiatura sbuffa in quattro quarti, la Letteratura chi la legge ancora? Aristotele e un airone di passaggio? Esiliati dentro lager che c'è chi chiama social network, i possibili lettori sono divenuti selfie, foto sulle lapidi della loro intelligenza. Non esiste una speranza poi nei premi letterari, che di certo se ne fregano di sostenere chi davvero se lo merita, e chissà qual è il motivo che li spinge a inghirlandare il nulla più tremendo!
La società letteraria italiana ora esistente somiglia a un'orchestra malridotta, composta da scordati e obliabili elementi. Peccato Arturo Toscanini sia da tempo trapassato, li prenderebbe altrimenti tutti a bacchettate. Ein ewiges Räthsel will ich bleiben mir und anderen. Io scrivo perché la Letteratura me lo ha chiesto, perché non ho mai detto voglio diventare uno scrittore, e quando scrivo so che non lo sto facendo invano. Io scrivo per chi non potrà leggermi, scrivo per Laika che non è mai arrivata sulla luna.
Questa mia elettronica missiva ora d'improvviso gentilmente si conclude, ed è non solo reale richiesta di un mecenate somigliante a Ludwig II di Baviera il re dei cigni, ma anche testimonianza della feroce misericordia del mio canto solitario.
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