Cultura e Spettacoli

Saariaho, la poesia si fa musica quando "rimane solo il suono"

La compositrice finlandese riceverà il Leone d'oro alla carriera venerdì. In programma quattro sue opere

Saariaho, la poesia si fa musica quando "rimane solo il suono"

A metà degli anni Settanta del 900 un gruppo di compositori finlandesi oggi molto celebri come Magnus Lindberg, Jouni Kaipainen, Esa-Pekka Salonen e Kaija Saariaho, si raccolsero sotto il motto «Korvat Auki» («Aprite le orecchie»). Non si trattava di uno slogan imperativo con tanto di punto esclamativo, ma di un invito ad ascoltare quelle voci indipendenti che si levavano dal fertile suolo della Finlandia.

A Kaija Saariaho, gran dama della musica contemporanea, è stato conferito il Leone d'oro della 65esima edizione della Biennale Musica di Venezia (17-26 settembre), che le sarà consegnato venerdì alla cerimonia inaugurale. La nuova direttrice Lucia Ronchetti ha intitolato questa edizione del festival Cori, perché il comune denominatore è «il trattamento compositivo della voce, a partire dai lavori corali monumentali delle ultime decadi fino alle esplorazioni drammaturgiche della produzione vocale più recente».

Questa edizione della Biennale ha nella Saariaho la figura centrale ma non unica - sono fra gli altri presenti compositori di generazioni differenti come i padri viventi della grande scuola post sovietica rappresentata dallo Stabat Mater di Arvo Pärt (il 19 settembre a Ca' Giustinian) e dai Canti spirituali di Valentin Silvestrov nella Basilica di San Marco il 23 settembre; non mancano altri maestri come l'inclassificabile greco di Francia Georges Aperghis (Wölfli Kantata), l'espressionista astratto in musica Morton Feldman (Rothko Chapel), l'indomito nonagenario Sylvano Bussotti (Per 24 voci bianche o adulte), fino alle nuove commissioni di Marta Gentilucci, George Lewis e Sergej Newski, questi ultimi affidati all'esecuzione dell'esemplare gruppo corale cui è stato conferito il Leone d'argento, i Neue Vokalsolisten di Stoccarda.

Dell'elegante e spirituale signora finnica della composizione, «passata dai santuari avanguardisti di Friburgo, Darmstad e Parigi (Ircam) per conoscere il suono, il fenomeno acustico, i differenti spettri armonici», per carpire i segreti della loro realizzazione registrata e indagare i fenomeni fonici nelle più intime fibrille, verranno eseguiti alla Biennale quattro lavori che abbracciano gli ultimi vent'anni. In un Festival di musica contemporanea come si deve non può mancare una prima esecuzione assoluta, come avverrà per Reconnaissance, lavoro per coro, percussioni e contrabbasso.

L'occasione propizia per conoscere il teatro di pensiero in azione sonora della Saariaho (concepito spesso in tandem con l'estro visionario del regista Peter Sellars) scoccherà al Teatro Malibran (sabato 18) con la prima europea della nuova produzione dell'opera Only the Sound Remains (2015) pensata per la voce fantasmagorica del controtenore Philippe Jaroussky e costituita da due parabole del Teatro No tradotte da Ezra Pound (il titolo viene dalla seconda): nella prima, Tsunemasa, l'anima errante di un liutista assassinato viene placata da un monaco con un rito musicale; nella seconda, Hagoromo, un mantello piumato viene restituito da un pescatore alla fanciulla celeste che lo ha perduto. La creatura svanisce e... rimane solo il suono.

Il regista dello spettacolo nato in coproduzione con il Teatro Bunka Kaikan di Tokyo e al Palau de la Música di Barcellona è Aleksi Barrière, lo stesso che ha curato la versione multilingue dell'opera che ha stupito critica e pubblico al recente Festival di Aix-en-Provence, Innocence. Commissione dei teatri di Amsterdam, Helsinki, Londra, San Francisco e New York (dove approderà prossimamente Covid permettendo), è una psicothriller opera, dove l'azione presente (una cerimonia nuziale) si interseca ai ricordi di una strage in una scuola internazionale, narrata con la tecnica della rivelazione goccia a goccia di una serie televisiva.

I lavori della Saariaho spesso nascono e si confrontano con interpreti speciali (divenendo anche ritratti degli esecutori) come nel caso di Notes On Light (2006), presentato nella serata d'apertura al Teatro La Fenice. Un brano per violoncello e orchestra dove «il Solista non è solo l'eroe» del brano: «lui/lei devono reclamare i propri diritti», come scrive il violoncellista-dedicatario-solista del concerto di Venezia, Anssi Karttunen: «deve combattere, guidare, collaborare e, a volte, sottomettersi all'orchestra», sempre guardando nel cuore della luce, il silenzio (T. S. Eliot).

La qualità dei testi che la Saariaho affronta è sempre molto alta, come nella sua opera La Passion de Simone, una via crucis in 15 stazioni attraverso il pensiero di una donna straordinaria, Simone Weil, e la sua ossessione per il problema dell'ingiustizia sociale. Lo stesso vale per il brano per coro ed elettronica, Tag des Jahrs («Giorno dell'Anno», 2001), che sarà presentato nella tana principale della Biennale, il Teatro alle Tese all'Arsenale. È basato su testi che Friedrich Hölderlin registrò sotto pseudonimo «con date di decadi e secoli diversi», spiega la compositrice che li ha sentiti come «visioni di momenti che passano in un battito di ciglia e svaniscono o si trasformano in nuovi momenti di intensità» in uno stile corale arcaico mescolato a inserti registrati di voci umane, uccelli, vento e altri suoni di natura.

Pur affrontando tematiche spirituali e filosofiche, il lavoro della Saariaho non è chiuso affatto in una torre eburnea, ma come dimostra Innocence scandaglia problemi ai noi vicini come il senso di colpa e la sua rimozione in una collettività, le radici della violenza fra i giovani. «L'arte ci fornisce strumenti incredibili per affrontare le nostre emozioni e la nostra intelligenza emotiva nel suo complesso. Esistono tutte quelle forme di arte terapia proprio perché le arti hanno tali poteri curativi», ci ricorda l'artista Saariaho. «Sarebbe uno shock se i bambini fossero privati di tutto questo. Pensate a tutti quei ragazzi. In Finlandia c'è naturalmente l'hockey su ghiaccio, un'attività che va bene, ma che alla fine fornisce loro mezzi abbastanza aggressivi per relazionarsi. Per empatia e tolleranza, l'arte è un potente strumento di educazione».

Chi ha orecchie per intendere, intenda.

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