Scordiamo i robot pensanti. Il linguaggio è nel Dna

Il dialogo fra Andrea Moro e Noam Chomsky spegne le illusioni sull'evoluzione dell'intelligenza artificiale

Scordiamo i robot pensanti. Il linguaggio è nel Dna

La scienza del linguaggio è sperimentale, e non potrebbe essere altrimenti, considerata l'impossibilità di applicare alla lingua una struttura matematica. È anche vero che qualcuno vorrebbe che fosse così, che l'evoluzione della macchina di Turing, usata per decodificare i messaggi cifrati nella Seconda guerra mondiale, e lo sviluppo della cibernetica e dell'informatica, ci permettessero di arrivasse a computer parlanti e, addirittura, pensanti.

Fantascienza, sostiene il linguista Andrea Moro, in una sua conversazione con Noam Chomsky, suo maestro al Massachusetts Institute of Technology di Boston. Una macchina può al limite simulare, ma di lì a comprendere ce ne corre. Nel volume I segreti delle parole (La nave di Teseo, pagg. 144, euro 15, traduzione e cura di Matteo Greco) i due studiosi, più che fornire risposte esaustive, si pongono domande essenziali.

Innanzitutto, che cos'è una lingua? Fino a qualche decennio fa si riteneva che fosse un insieme di regole convenzionali e arbitrarie, e che la Babele degli idiomi fosse un sistema infinito. Fu proprio Chomsky, negli anni Cinquanta, con la sua «grammatica generativa», a ipotizzare che le cose stessero in un altro modo. È altamente probabile che gli esseri umani posseggano una capacità propria di elaborare strutture sintattiche anche senza aver ricevuto alcun insegnamento. Come se l'organizzazione delle frasi avvenisse per via spontanea, una volta acquisite le parole.

A dispetto di quanto pensano in molti, e cioè che alcune lingue siano più semplici di altre, è sorprendente notare come tutti i bambini del mondo impieghino lo stesso tempo a imparare la propria. La capacità di assimilazione del cervello di un infante è uguale per tutti. In questo senso, nessuna lingua può essere considerata superiore a un'altra.

Il libro contiene alcune considerazioni tecniche che potranno risultare faticose da seguire per chi non abbia mai approfondito la materia, ma è anche ricco di esempi illuminanti, soprattutto a partire dagli esperimenti più rivoluzionari effettuati negli ultimi decenni, alcuni dallo stesso Moro. Negli anni Quaranta, quasi per caso, si scoprì che i bambini sordi, nonostante fossero costretti a seguire il metodo della lettura labiale, appena ne avevano la possibilità, di nascosto dagli insegnanti, usavano un loro sistema di segni. Secondo Chomsky, i bambini imparano la grammatica proprio come imparano a camminare o a digerire, non per imitazione ma per una facoltà insita nel loro codice genetico.

Oggi la frontiera della ricerca riguarda la neuroscienza, cioè il funzionamento delle reti neuronali, in pratica la struttura stessa del nostro cervello. I due studiosi non escludono che gli esseri umani non arrivino mai a comprendere l'aspetto creativo del linguaggio, cioè quello che caratterizza la loro comunicazione, a differenza che nel mondo animale, dove gli schemi comunicativi sono molto più semplici. Ma nemmeno noi stessi sappiamo ciò che avviene nel nostro cervello, e quali siano esattamente i termini della coscienza. Non ci resta che costruire le migliori teorie possibili.

Nelle note a margine di questa conversazione, Andrea Moro precisa che biologia e tecnologia non sono al momento sovrapponibili. Non ha molto senso, se non come metafora, la denominazione di «intelligenza artificiale». Le lingue non sono dei software che girano nell'hardware del cervello.

La possibilità che una lingua artificiale venga imposta appartiene al campo delle distopie.

Il nostro parlare è fluido. Riassunto in un'immagine, è come un ghiacciaio su cui camminiamo. Non ci accorgiamo neppure che ci stiamo spostando, finché ai nostri occhi non appare un nuovo paesaggio.

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