Se il cinema muto ha tanto da dire. A grandi e piccini

Zero parole e mille sfumature (non di grigio, ma di senso...) nei curatissimi "Minuscule" e "Shaun". Premiati al botteghino

Se il cinema muto ha tanto da dire. A grandi e piccini

«Esiste un momento in cui le parole si consumano e il silenzio inizia a raccontare». Un aforisma, quello di Gibran, purtroppo ignorato dalla maggioranza degli sceneggiatori di Hollywood. Con risultati frustranti e grotteschi, come l'orrendo 50 sfumature di grigio , infarcito di dialoghi talmente cretini da trasformare quello che sulla carta doveva essere un film erotico in una pellicola irresistibilmente comica. Un processo irreversibile e senza speranza? Non del tutto.

Con un poco di coraggio, due titoli pensati per un pubblico infantile hanno sgretolato, di recente, questa convenzione non scritta, dimostrando che con le idee giuste (e con registi capaci di fare il proprio mestiere) si possono mandare nelle sale film privi di parole; e, miracolo, far ridere ugualmente, se non di più, i bambini, ovvero il pubblico che, nell'immaginario collettivo, dovrebbe soffrire più di ogni altro la mancanza di dialoghi spiritosi. Non a caso, sono due film europei, per distinguersi in maniera ben marcata da quel florilegio di battute serrate e forsennate che distingue il filone del cartone americano.

Il primo, Minuscule - La valle delle formiche perdute , nasce dall'idea di Thomas Szabo e Hélène Giraud (la figlia di Moebius) di creare dei cortometraggi con protagonisti piccoli insetti creati in CGI, ma inseriti (o meglio, fotomontati) all'interno di paesaggi assolutamente reali. Talmente carini e ben accolti da spingerli a realizzare una serie per la tv francese. Quasi naturale arrivare alla consacrazione sul grande schermo, con tutti i rischi del caso, visto il tipo di prodotto, caratterizzato dalla sua efficace brevità e dalla assoluta assenza di dialoghi, sostituiti dai soli rumori d'ambiente. Invece il film, pur nella sua semplicità, è di una disarmante bellezza, capace di tener «incollati» allo schermo sia i bambini, sia gli adulti al seguito, sfruttando solo la forza delle immagini. La storia di una coccinella dall'ala rotta che aiuta delle formiche nere a trasportare, tra mille peripezie, una scatola di zollette di zucchero fino al formicaio, con tanto di rappresaglia delle formiche rosse, è narrata avvalendosi di trovate comiche (nella battaglia, vengono usati cotton-fioc e fuochi artificiali) e suoni accattivanti (la coccinella emette versi come una trombetta), sullo sfondo reale del massiccio dell'Ecrins e del Parco Nazionale di Mercantour. Il resto, la fanno la caratterizzazione dei singoli insetti (simile a quella umana, per avvicinare ed affascinare i bambini) e una musica azzeccata. E il botteghino, anche in Italia, non si è fatto pregare, regalando al film un debutto interessante da 147mila euro (poco meno, nel week-end del 22 gennaio, di Still Alice , per intendersi).

Meglio ancora ha fatto Shaun - Vita da pecora . La pellicola, infatti, la scorsa settimana ha esordito al quinto posto, con ben 724.363 euro in cassa, meglio dei «nominati» Whiplash e Selma . Anche in questo caso, i dialoghi sono banditi, sostituiti da una sorta di grammelot (avete presente la Linea di Carosello?), di suoni onomatopeici che fanno da colonna sonora ad una trama, anche qui, semplice ma efficace e, soprattutto, divertente, caratterizzata da un irresistibile humour britannico. Realizzato in claymation, cioè con creature di plastilina filmate in stop-motion, il film racconta la storia della pecora Shaun che decide di prendersi un giorno di ferie dalla fattoria trascinando il resto del gregge fino in città, in una simpatica avventura che coinvolgerà anche l'inconsapevole fattore. Il tutto servito solo con la forza delle scene di slapstick che ricordano da vicino il miglior Chaplin, con espressioni e tempi comici perfetti di ogni protagonista.

Il paradosso è che in sala i più imbarazzati sembrano proprio i genitori, non abituati a vedere film privi di parole. I bambini, invece, come spesso accade, si dimostrano più maturi nel recepire il messaggio. Non serve il linguaggio parlato per comunicare. Basta saper ascoltare.

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