Se Guadagnino fa boom e la critica splash

di Pedro Armocida

Nemo propheta in patria. E ancor meno lo è Luca Guadagnino. E la storia dell'apprezzamento inversamente proporzionale all'estero rispetto all'Italia si ripete per il regista palermitano, esordiente nel 1999 con The Protagonist con nientepopodimeno che Tilda Swinton, futuro premio Oscar, con cui ha lavorato dieci anni dopo sia in Io sono l'amore che in A Bigger Splash. Ci ha pensato Marco Giusti, l'ideatore di Stracult e critico anche dai gusti sopraffini, a mettere in fila su Dagospia alcuni giudizi della critica americana dove il film con Ralph Fiennes, Tilda Swinton e Dakota Johnson lo scorso fine settimana è uscito in cinque schermi ma con 110mila dollari al Box Office quasi quanto l'intero incasso del film in Italia: «Una gioia per i sensi, da svenimento. Due ore d'amore al fresco, fra scenari meravigliosi e una latente schermaglia erotica»; «Si rimane irrequieti, è un film impossibile da ignorare. Si esce come se dallo schermo ci arrivassero delle scottature». E poi: «Ma da quando Ralph Fiennes è diventato uno dei più grandi attori del momento?»; «Guadagnino ha fatto qualcosa di raro e sconvolgente». Commenti dei critici più quotati negli States, da Justin Chang del Los Angeles Times a Manohla Dargis del New York Times, a Anthony Lane del New Yorker. Accolto invece da sonori quanto inspiegabili fischi alla proiezione allo scorso festival di Venezia dove era in concorso, A Bigger Splash, ispirato a La piscina di Jacques Deray, ha avuto un'accoglienza critica piuttosto tiepida. Chi scrive gli ha dato 4 stelle su cinque su Ciak in Mostra, il daily del festival di Venezia, ma sembra l'eccezione che conferma la regola. «Il Regno Unito e gli Usa mi fanno sentire a casa», ha detto il regista all'americana Mtv e Marco Giusti, opportunamente, ha alzato il tiro dicendo che «siamo abituati, da tempo, a una mediocrità di scrittura cinematografica e a una omologazione di linguaggio di messa in scena, che ci rende, temo, quasi impossibile capire qualcosa che è un po' diverso o originale». La non corrispondenza di amorosi sensi tra questo regista e l'Italia ci racconta anche di corsi e ricorsi storici - come non pensare a Antonioni - che si ripeteranno, siamo sicuri, a settembre quando Guadagnino girerà, sempre con Tilda Swinton e Dakota Johnson, il remake di Suspiria di Dario Argento.

Già la figlia Asia su Twitter l'ha coperto di insulti con riferimenti sessuali irripetibili. Ma «il mio organo sessuale sono gli occhi», ha risposto indirettamente il regista in Spagna dove il suo Io sono l'amore è considerato «uno dei film più importanti del secolo XXI». Chi ha ragione? È il cinema, bellezza!

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