Sesso, aforismi e salotti chic I cine-ricordi di Gore Vidal

Sesso, aforismi e salotti chic I cine-ricordi di Gore Vidal

«Non ho mai perso un'occasione per fare sesso, o apparire in tivù», dice Gore Vidal in United States of Amnesia, documentario del regista indipendente Nicholas Wrathall ora nelle sale americane, dopo l'affermazione al Tribeca Film Festival di De Niro. Gli Stati Uniti non ricordano: tabula rasa dal Vietnam a Nixon, dai Kennedy al Watergate, ma l'ultimo leone del periodo liberale americano, lo scrittore e commediografo che come nessun altro ha influenzato, per cinquant'anni, il dibattito culturale del XX secolo, ha memoria lunga. «Metà degli americani non ha mai letto un giornale. Metà non ha mai votato alle presidenziali. Speriamo non sia la stessa metà», è uno dei tanti epigrammi fulminanti, stile Oscar Wilde, che costellano la cine-biografia di questo brillante provocatore bisessuale, nato a West Point nel 1925 e morto a Los Angeles nel 2010, dopo una parentesi a Ravello, nella sua magnifica villa a picco sulla costiera amalfitana, abbandonata nel 2003, alla morte dell'amante Howard Austen, ebreo americano al quale fece cambiare cognome. «Non ti assumono come copywriter perché ebreo? Al posto della “r”, metti una “n”: ti americanizzi», consiglia Vidal al partner, che di cognome faceva Auster. Risultato, nell'America liberale a parole, sotto sotto antisemita? Un impiego da Doyle, Dam&Bernbach.
Tanto successo e una così lunga carriera tra letteratura, giornalismo, teatro e cinema - Vidal co-scrisse Ben Hur di Wyler, Senso di Visconti e Dimenticare Palermo di Rosi - appaiono naturali non appena ci si inoltra nel vademecum di Wrathall. Dove il regista, esperto di video commerciali (suo Frozen, con Madonna), coniugando leggerezza e profondità, attraverso interviste a Vidal e ai suoi amici, tra i quali Tim Robbins, che lo mise nel film Bob Roberts (1992), ci conduce all'interno d'una precisa visione delle cose della vita. Ma il cuore del cuore batte in politica. Perché in politica, Vidal ci è nato. Il nonno materno era Thomas Prior Gore, senatore democratico dell'Oklahoma, cieco da un occhio, e sua madre Nina Gore Vidal, moglie di seconde nozze del ricco finanziere Hugh D. Auchinchloss, che poi avrebbe impalmato la madre di Jacqueline Kennedy. Un bell'intreccio ai piani alti, che di Gore fece un uomo di mondo fin dalla culla. E il beniamino della first lady Jackie, che lo volle a Washington nel primo anno di presidenza del marito John. L'atmosfera ufficiale della Casa Bianca non faceva per lui, che abbandonò i privilegi del potere, scrivendoci su Giuliano (1964) e la trilogia della saga storico-politica americana costituita da Washington D.C. (1964), Burr (1973) e 1876 (1976). «Gli Stati Uniti vennero fondati dalla gente più brillante del Paese. Non se ne vedono i frutti», osserva il fustigatore dei costumi a stelle&strisce con la sua voce mielata, che nei Cinquanta l'impone come intellettuale salottiero in show pop come Today and Tonight o Studio One. «Il sesso distrugge le relazioni. Sono devoto alla promiscuità», osserva candido, mentre negli Usa bigotti cresce il potere cristiano-evangelico e il dottor Alfred Kinsey gli scrive per arruolarlo in «un lavoro sul campo», avendo letto La città perversa (1948), primo romanzo americano che descrive esplicitamente il sesso omosessuale, tra incontri alla cosacca e tormenti carnali. Placati pure con l'attrice Joanne Woodward, che poi preferirà sposare Paul Newman. «Il sesso è. Non ci si fa niente, col sesso. Non costruisce strade e non scrive romanzi», afferma il polemista, spina nel fianco di un establishment del quale fa comunque parte.
Vidal risulta più affascinante quando parla di politica e della sua discesa in campo per il Congresso, nel 1960, e per il Senato della California, nel 1982. Se «George W. Bush è un pazzo», nel Medio Oriente l'America «non ha fatto altro che unire i musulmani». Sofisticato, mediatizzato, attraente.

Piaceva a Fellini, che gli affidò un cammeo di Roma (1972) come scrittore americano espatriato che si gode una «Festa de' Noantri burina» a Trastevere. «Piace romani. Qui c'è Chiesa, governo e cinema... vendono illusioni», americaneggia l'ultimo intellettuale pubblico, che stando al giornalista Robert Scheer aveva «un detector per la merda».

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