Siani racconta la favola de "Il Principe Abusivo"

Siani debutta alla regia con una commedia dai toni favolistici che, nonostante il cast e un intreccio di collaudata gradevolezza, delude per la sequela di battute nate vecchie

Siani racconta la favola de "Il Principe Abusivo"

Dopo il successo di "Benvenuti al Sud" e di "Benvenuti al Nord", arriva il nuovo film di Alessandro Siani, "Il Principe Abusivo", in cui l'attore napoletano si cimenta per la prima volta anche dietro la macchina da presa.

La Principessa Letizia (Sarah Felberbaum) vive in un piccolo principato con suo padre il Re (Marco Messeri). Snobbata dai rotocalchi, decide, su suggerimento del ciambellano Anastasio (Christian De Sica), di architettare un piccolo scandalo e attirare su di sé i riflettori necessari a favorire le sue raccolte di beneficenza. Finge quindi di innamorarsi di Antonio De Biase (Alessandro Siani), un giovane napoletano spiantato e disoccupato che ha fatto dello ‘scrocco’ un modo per sopravvivere. Quando il giovane arriva a corte, presto raggiunto dalla cugina (Serena Autieri) e da alcuni amici, inizia lo scompiglio.

L'intreccio narrativo non è sicuramente originale ma è di comprovato appeal da decenni: "Vacanze Romane", "Innamorato pazzo", "Amarsi un po'"; è lungo il filone di commedie in cui una principessa si trova a far coppia con un popolano. Peccato che Siani perda troppo tempo a rivisitare situazioni già interpretate da Celentano, Pieraccioni e Troisi, per curare a dovere la sceneggiatura e raggiungere quel che il film prometteva nell'incipit. Tra battute vecchissime e scene superflue in maniera imbarazzante, "Il Principe Abusivo" purtroppo delude nonostante avesse tutti gli ingredienti per riuscire: un protagonista bravo e simpatico, molteplici riferimenti cinematografici e non, attori bravi e perfettamente in parte. E' lodevole l'intento di Siani di rivitalizzare su grande schermo l'antica vittoria dei sentimenti sul divario sociale, così come l'aver rinunciato a parolacce e sfumature boccaccesche. Ma il risultato purtroppo assomiglia più a un prodotto nato per una serata in famiglia davanti alla tv che ad una pellicola cinematografica.

Composta e precisa la deliziosa Felderbhaum

e di innegabile bravura la Autieri; quanto a De Sica, il fatto che somigli fisicamente sempre più al padre amplifica la sensazione di scempio che si ha nell'osservarne le qualità al servizio, da anni, di progetti modesti.

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