Allora è presto detto: gli ultrasettantenni Rolling Stones sono in tour in Sudamerica, Mick Jagger chiede consigli per la scaletta ai fan su Twitter e va in scena uno degli spettacoli più grandi del rock, così grande che nessun «giovane» potrebbe permettersi. All'alba del 2016, ossia cinquant'anni dopo l'album Aftermath, loro sono ancora in grado di garantire adunate oceaniche e, soprattutto, soddisfatte. Quanti dei loro eredi ne sono capaci? Quasi nessuno. Ovunque gli unici a poter mettere in piedi il «concertone», l'evento catalizzatore di una intera stagione, hanno decenni di carriera alle spalle. Dagli Stones agli U2. Dagli Ac/Dc a Madonna. Dei giovani poche tracce, e non si parla di artisti italiani che capaci di costruire grandi eventi ma restano ancora molto local (a parte Pausini, Bocelli e, piaccia o no, Il Volo). Si parla delle nuove popstar globali, dominatrici delle classifiche di vendita dei cd ma non dei biglietti. Un'eccezione recente è stata Robbie Williams che si è imbarcato in un paio di tour mondiali negli stadi che hanno portato a casa un bel malloppo di sold out. Ma, a parte le evanescenti abbuffate di teen idol alla One Direction oppure Justin Bieber, l'età media di chi riempie le grandi arene è assai alta e conferma il dato della Nielsen per il mercato americano: nel 2015 si sono venduti 71.2 milioni di dischi di repertorio (ossia pubblicati da più di 18 mesi) e «solo» 65.8 milioni di quelli nuovi. E il risultato non cambia se si considerano le copie digitali: nonostante i dischi nuovi superino i vecchi, la differenza è così minima da non cambiare il totale. Risultato: la musica leggera rischia di essere considerata una passione solo per «vecchi» e un bene di consumo per tutti gli altri. E basta guardare il bilancio degli Ac/Dc nel 2015. Poco prima di festeggiare i quarant'anni dal loro debutto, sono stati i best seller mondiali con 2.350.000 biglietti venduti, superando Taylor Swift e i non certo giovani Foo Fighters (1.700.000 tagliandi). Anche in Italia gli Ac/Dc del cantante 69enne Brian Johnson sono stati i più seguiti in un unico concerto: 92mila paganti a Imola. Pure nel 2014 i più visti sono stati i più vecchi: Rolling Stones con 71.521 ingressi al contestatissimo (per la giunta Marino) concerto al Circo Massimo di Roma. In sostanza tra superstar agée e idoli per teen agers c'è un crepaccio. I divi trenta/quarantenni non riescono a riempire a mettere in coda decine di migliaia di fan per un unico evento. Per capirci, manca una generazione di eroi dal vivo: è quella dei rapper. Nonostante siano popolari e massicciamente in classifica, in due decenni non sono stati in grado di abituare ai grandi eventi. Sarà che musicalmente il rap non ha la capacità attrattiva e catartica (o nostalgica) delle grandi band rock. Oppure, più terra terra, la dimensione live da stadio mal si sposa con la metrica e le esigenze di un genere più parlato che suonato, povero di arrangiamenti e necessariamente discorsivo. E non è un ragionamento solo per appassionati. È un indice dello stato della musica e, soprattutto delle sue prospettive. Negli Stati Uniti, il nuovo disco di Adele, che è stato un mega successo in classifica, ha contribuito soltanto al 6.3% delle vendite complessive mentre The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd (uscito nel 1973) ha venduto ancora cinquantamila copie, poco più di Abbey Road dei Beatles, pubblicato nel 1969 e acquistato da 49.900 persone. Insomma, c'è un buco generazionale.
E manca quella passione che per quarant'anni ha trasformato i concerti in eventi condivisi. Ora per i più giovani la musica è sempre più un evento individuale, solitario, molto lontano dall'euforia magari utopistica che trasformava ogni show in una cartolina da spedire al futuro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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