Ebbene sì, la vera musica nasce dai contrasti e spesso è la reazione a uno stato d'animo. Così Mika ha avuto un periodo triste e complicato ma lo ha sublimato in un disco carico di positività e luce. Intanto il titolo riunisce doctor Mika e mister Holbrook, visto che recita My name is Michael Holbrook e rappresenta forse l'accordo più difficile che questo spilungone talentuoso sia riuscito a fare finora. «Mi sento finalmente una persona sola e non tre o quattro come capitava prima» ha spiegato parlando in un posto svagato e sofisticato come lui, ossia la Centrale dell'Acqua di Milano proprio dove è stato chiuso l'ultimo fontanile della cerchia dei Navigli. «La vita è una mer.. Sono stato il più felice negli ultimi dieci anni ma anche il più triste», ha detto confessandosi quasi senza volerlo, un colloquio torrenziale con se stesso. Dovendo trovare un colore alle sue parole, va benissimo quello del suo vestito, un completo turchese, ossia luminoso, e molto attillato, così da aderire perfettamente al proprio animo.
Bentornato Mika, eccolo con un disco dopo quattro anni. Praticamente un'era geologica nel pop di oggi.
«Ho preso il mio tempo e ho fatto una provocazione a me stesso: perché odio il mio nome legale. Mi chiamo Michael Holbrook ma un'ora dopo la mia nascita mia mamma ha iniziato a chiamarmi Mika e da allora anche per me sono stato Mika. Perché non sopportavo il cognome di mio padre? Sono accadute tante cose che mi hanno allontanato da lui perché non volevo essere come lui. Così ho fatto un viaggio a ritroso verso le mie radici, sono andato persino nel cimitero di Savannah, in Georgia».
E come mai l'idea del titolo?
«Mentre registravo Tiny love, che è il nuovo singolo, anzi proprio mentre ero all'inizio delle registrazioni ho esclamato quasi di botto: My name is Michael Holbrook, I was born in 1983. Lì ho capito che avrebbe dovuto essere il titolo».
In questi quattro anni non ha inciso dischi ma ha fatto molta tv.
«E l'idea di parlare di fronte a tanta gente mi ha aiutato moltissimo. Ho fatto sei edizioni di The Voice in Francia, dove c'è comunque il mio mercato principale. E anche in Italia, con Casa Mika mi sono divertito molto. Era un progetto poetico e romantico, anche se è costato tanto».
Qual è la controindicazione di fare uno spettacolo televisivo?
«La mancanza di un rapporto totalmente diretto con il pubblico. E poi c'è sempre troppa pressione».
Tornerà in tv?
«Per tornarci, bisogna cambiare pelle».
Ci tornerà o no?
«La voglia c'è. Ma non sarei da solo»
Si dice che potrebbe farlo con Fiorello.
«In ogni caso sarebbe una idea che spacca. Vorrei avere una spontaneità e una imprevedibilità che in Casa Mika non poteva esserci».
Nel disco c'è un brano che si intitola Sanremo. Allusioni al Festival?
«Macché. E' il primo posto italiano che ho visto con i miei parenti. Non parla del Festival ma dei miei ricordi».
Adesso li porterà dal vivo con il tour prodotto da Claudio Trotta, un nome storico tra i promoter italiani.
«Lui farà la parte italiana di un giro di concerti che inizia a Londra il 10 novembre e poi approda qui dal 24. Poi nel 2020 andremo negli Usa, poi in Canada, Sud America, Giappone, Cina e Corea. Dal titolo del tour si capisce già molto».
Ossia?
«Revelation Tour».
Una sorta di nuovo manifesto.
«E soprattutto un'altra partenza della mia nuova avventura. Non a caso, sarà uno spettacolo ricco di sorprese».
Ad esempio?
«A me piacerebbe cantare acappella, ossia soltanto io, la mia voce e il pubblico. Almeno per una parte. Se ci riuscissi, sarebbe meraviglioso. L'avete mai vista una cosa del genere? Io no».
Ha inciso questo disco tra Miami, Londra e un piccolo centro della Toscana dove le piace vivere.
«Mi piace andare al bar a sentire
i pettegolezzi e a parlare con la gente in giro. E poi vado a Livorno al mercato del pesce. A Firenze trovare il pesce è difficile. Così mi metto un cappellino e vado in quel mercato, che è bellissimo e pieno di storie».
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