Sorrentino e Zalone. La strana coppia che salvò il cinema

All'apparenza distanti, hanno fatto tornare i conti sia artistici sia economici. Prendendo per i fondelli lo stesso mondo snob

Sorrentino e Zalone. La strana coppia che salvò il cinema

Titolo: La strana coppia che ha salvato il cinema italiano. Produzione: Medusa. Interpreti: Paolo Sorrentino e Checco Zalone. No, un film così non lo vedremo mai. Anche se in realtà in parte è già stato realizzato. Perché sono stati questi due protagonisti a salvare la stagione cinematografica italiana facendo tornare, in una botta sola, tutti i conti, quelli artistici e quelli del box office. Una strana coppia, quella di Sorrentino/Zalone, che non ha niente in comune se non il dato di fatto della provenienza «terrunciella» e, soprattutto, della casa di produzione che ha contribuito alla loro affermazione, Medusa. A cui va dato atto, in un suo momento di forte ristrutturazione con minori investimenti sia nella produzione sia nella distribuzione (soprattutto sui titoli stranieri), di essere riuscita a conquistare una doppietta veramente invidiabile (e dall'altra parte Rai Cinema che produce tanti film nazionali ovviamente si morde le mani).

Sorrentino/Zalone hanno salvato quest'anno il cinema italiano, dandogli ossigeno e speranza, partendo da due mondi apparentemente opposti e lontani se leggiamo le loro opere con le normali categorie critiche, da una parte la qualità artistica di La grande bellezza che l'ha aiutato a vincere un Premio Oscar che non credevamo di ottenere ormai più (merito anche, e nessuno lo ha ricordato, della commissione dell'Anica che ha selezionato il film per l'Academy), dall'altra la grandezza popolare di Sole a catinelle con il più grosso e grasso incasso del cinema italiano, 52 milioni di euro che vale la pena scrivere bene come sugli assegni per rendersi conto di tutta la sua portata: «Cinquantaduemilioni». Ma è anche vero che tutte e due le opere scardinano, per la loro potenza intrinseca, qualsiasi categoria critica. Perché se un film complesso, ambizioso, sulla carta elitario, anche di lunga durata, come La grande bellezza ottiene al botteghino italiano, in attesa di conoscere non solo i dati di audience della messa in onda di ieri sera su Canale 5 ma anche dei futuri incassi del suo ritorno in sala, più di 7 milioni e 200 euro parliamo già di un fenomeno che è arrivato a larghe fette della popolazione italiana. Un successo che non sta solo nei numeri ma soprattutto sul fatto che, come capita a poche opere, La grande bellezza è una locuzione ormai entrata nell'uso comune e da lì è passata nell'immaginario collettivo che ne ha compreso taluni aspetti di rappresentazione barocca d'una certa italica miseria. Quella ben descritta dall'ormai famosa frase leitmotiv del film pronunciata dal protagonista Jep Gambardella/Toni Servillo: «È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l'emozione e la paura… Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile».

Che poi è in qualche modo anche il core business di Sole a catinelle, diretto da Gennaro Nunziante e prodotto insieme a Tao Due di Pietro Valsecchi, con la sua micidiale presa per i fondelli dello stesso milieu culturale e intellettuale. E lo fa in maniera anche più esplicita di Sorrentino che si diverte a stigmatizzare il vuoto dietro a certi artisti di avanguardia mentre il figlio di Zalone spiega le grandi stranezze della famiglia dei ricchi con un ragazzo dal mutismo selettivo con un «so' comunisti». Che è proprio lo spauracchio del barese Luca Pasquale Medici in arte Checco Zalone, classe 1977. Quando il suo Nicolò gli chiede: «Papà, e se il parroco ti confessasse che sono...», «Sei cosa?», «Sonooo... Omosessuale!», «Ah, che bello, pensavo comunista!».

Una sinistra ritratta in maniera terribile e definitiva anche da Paolo Sorrentino (Napoli, 1970), grazie al contributo critico di chi di quel mondo conosce bene le derive radical schiccose, ossia lo sceneggiatore Umberto Contarello iscritto al Pci fino al 1982 e oggi renziano, ultima speme.

Come nella sequenza nel lussuoso attico con piscina, aggiornamento della terrazza di Scola, dove Gambardella ricorda, svelandone l'intima ipocrisia, la vera biografia della scrittrice che poco prima aveva declamato lo stanco decalogo della perfetta madre e donna di sinistra, con il suo impeccabile impegno civile, la vicinanza al partito.... Nel volto dell'attrice Galatea Ranzi, come nel mondo tutto finta spiritualità e benessere di Zoe, la madre così politicamente corretta del film di Zalone, la pietra tombale d'una certa italica sinistra. Amen.

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