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Spielberg dà lezioni di giornalismo ma confonde i giornali

«The Post» racconta lo scoop dei Pentagon Papers che però furono pubblicati dal «New York Times»

Cinzia Romani

Mentre le false notizie tengono banco e intanto che la carta stampata agonizza, Steven Spielberg, leggenda di Hollywood, presenta la sua versione sull'utilità dei giornali. Una risposta alle denigrazioni destinate alla carta stampata e a chi ci sta in mezzo viene dal suo film drammatico The Post (dal 22 dicembre negli Usa e da noi il primo febbraio 2018, con 01 distribuzione), basato sulle rivelazioni che il Washington Post fornì nel 1971, pubblicando i cosiddetti «Pentagon Papers» riguardo alle bugie del governo americano sulla guerra in Vietnam. Un film molto atteso, in odore di Oscar e interpretato dai premi Oscar Tom Hanks e Meryl Streep, polemici verso il presidente Donald Trump, avversario sia di Hollywood che dei giornali. Però un film che, secondo i giornalisti del New York Times, distorce la verità perché fa sembrare che il primo a fare lo scoop, e a pubblicare i documenti, fu il Post, ma in realtà fu il NY Times. All'epoca il Post era un foglio locale. Quanto all'editrice responsabile del WaPo, Katharine Graham, interpretata dalla Streep, non era altro che una casalinga di mezz'età, prima d'assumere il controllo del Post alla morte del marito, rammenta ancora il NY Times. Non un'eroina, come il film la presenta, ma solo la prima publisher donna a maneggiare le carte del Pentagono, mentre il Times aveva la mordacchia. A distanza di anni, gli stracci volano ancora.

Ma a Spielberg non interessa certo la diatriba tra i due giornali, ma quanto a quell'epoca la carta stampata influenzasse ancora l'opinione pubblica: il film vuole provocare un dibattito sul ruolo dei media come cani da guardia del potere. Ruolo che, prima, funzionava: basti pensare al caso Watergate, tema di Tutti gli uomini del Presidente (1976), un classico del giornalismo investigativo.

Prima di girare, il padre di E.T. ha consultato Daniel Ellsberg, l'analista della Rand Corporation che rivelò l'esistenza di 7mila pagine di documenti sulla strategia americana nel Sud Est asiatico, dal 1945 al 1967, passandole, nel 1971, a Neil Sheehan del New York Times. Per l'opinione pubblica fu devastante venire a sapere che la Casa Bianca combatteva una guerra persa in partenza: l'allora presidente Richard Nixon fece pressioni per frenare l'emorragia di informazioni. Ellsberg, però, diede una copia dei documenti top-secret anche al Post e ad altri 17 quotidiani, che li diffusero, bypassando un'ingiunzione della Corte federale. Ellsberg finì sotto processo, accusato di spionaggio, cospirazione e appropriazione indebita di documenti governativi.

Il film, con Hanks nel ruolo del direttore responsabile del Post Ben Bradlee, centra il dramma sulla decisione di pubblicare i documenti, nonostante le leggi sullo spionaggio e di affrontare una battaglia legale contro il governo. Il tutto quando il Times e il Post godevano di un'autorevolezza oggi impensabile: secondo una ricerca Gallup di quest'anno, solo un americano su quattro ha «sufficiente fiducia» nei giornali. E pare che la Streep abbia infuso, nel ruolo, la sua rabbia personale contro Trump, quando urla ai suoi: «Pubblicate tutto!».

Spielberg, che cala due assi in una storia per lui non rinunciabile (il paragone Trump/Nixon è chiaro), all'anteprima del film ha detto: «Alle volte le cose negative si ripetono: girare questo film era urgente». Certo, con Trump che dichiara guerra ai media...

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