Cultura e Spettacoli

Il talento e lo stile di Giuseppe De Nittis che ritraeva delle "parigine" perfette

A Palazzo dei Diamanti le opere del pittore di Barletta che conquistò la Francia

Il talento e lo stile di Giuseppe De Nittis che ritraeva delle "parigine" perfette

da Ferrara

L'italiano più elegante e guascone di fine Ottocento si chiamava Giuseppe De Nittis: con capacità (e caparbietà) è riuscito nella sua pur breve esistenza una malattia ne ha stroncato la carriera a soli 38 anni - a conquistare i salotti-bene di Parigi e a scaldare gli animi di solito tiepidi degli inglesi upperclass. Veniva da Barletta De Nittis: inquieto e un po' insofferente, abbandonava di continuo le aule dell'Accademia di Napoli per scappare a Portici, dove dipingeva en plen air. Un talento naturale, il suo: lo capiamo appena entrati nella prima sala della mostra De Nittis e la rivoluzione dello sguardo, curata da Maria Luisa Pacelli, Barbara Guidi ed Hélène Pinet a Palazzo dei Diamanti di Ferrara (fino al 13 aprile).

Nei suoi primi lavori, quadri di paesaggio di piccole dimensioni, si diverte a svelare il suo punto di vista (il cornicione di una finestra, il particolare di una balaustra) con il risultato che le opere paiono tutte «camera con vista». Questo giovane De Nittis (1846-1884) ritrae paesaggi marini con taglio squisitamente cinematografico solo che, all'epoca, il cinema ai 16:9 doveva ancora arrivarci. A De Nittis piaceva sperimentare, e muoversi: prima di approdare a Parigi, è un vero globetrotter e il tema del viaggio è tra i più ricorrenti in mostra a Ferrara. La traversata degli Appennini, un olio del 1867 in prestito da Capodimonte, dimostra quanto in quegli anni fosse fecondo lo scambio tra una pittura desiderosa di superare la lezione verista e una fotografia in cerca di un suo spazio tra la mera documentazione e l'espressione artistica: la via di fuga centrale, l'inquadratura della tela, il tema stesso della strada catturano il visitatore, che si sente parte dell'opera. De Nittis la cui collezione è perlopiù conservata nel museo a lui dedicato a Barletta, che ha collaborato alla realizzazione dell'esposizione era appassionato di fotografia: lo rivela, in mostra, il registro dei beni che possedeva, redatto alla sua morte. Non sappiamo che fine abbiano fatto i tanti scatti che collezionava, ma di certo lo influenzarono nella ricerca di una sua visione originale: De Nittis inventò infatti lo stratagemma della carrozza-atelier con cui girava per le strade di Parigi e Londra. Grazie a questa camera con vista itinerante, con prospettiva sopraelevata e occhi puntati sul mondo brulicante delle due capitali europee, conquistò tutti. Nel 1867 si compie la sua «infatuazione parigina»: nella Ville Lumiere trova Léontine, la donna che diventerà modella, moglie e sua accorta manager, e in poco tempo riesce a farsi apprezzare dalle persone che contano.

I suoi ritratti («il pittore delle parigine» è chiamato) sono stilisticamente ineccepibili: sostituisce all'incompiuto impressionista una pennellata accurata con un pennello sottile capace di ritrarre ogni minimo dettaglio. Lavora bene, De Nittis: la sua casa di Parigi, complice la sua pregiata collezione d'arte giapponese e la sua cucina italiana, diventa il salotto prediletto della migliore borghesia. E lui, che «dipinge bene la gente per bene», ringrazia per la fiducia la città, diventandone il perfetto cantore: molti suoi dipinti esaltano l'epoca della ricostruzione, dopo il fallimentare esperimento della Comune. Spiccano le vedute en plein air di Place Vendôme. Più seducenti le vedute nebbiose di Londra dove la lezione di Turner è evidente (colpirono persino Van Gogh): a Ferrara sono efficacemente accostate agli studi di paesaggio dei fotografi dell'epoca, superlativi quelli di Alvin Coburn e Alfred Stieglit.

De Nittis non è ferrarese, ma c'è un'aria boldiniana raffinata, intrigante, rarefatta che aleggia su questa bella mostra che precede la chiusura di Palazzo dei Diamanti, necessaria alla realizzazione della nuova passerella che si concluderà, ci spiega l'assessore alla Cultura Marco Gulinelli, entro la fine del 2021.

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