Cultura e Spettacoli

Il thriller etnico di Egoyan delude

«The Guest of Honour» parla di colpa (ma fiaccamente)

Il thriller etnico di Egoyan delude

da Venezia

Regista 3 anni fa qui a Venezia con Remember, dove un gigantesco Christopher Plummer si ritrovava da anziano e affettuoso ebreo in preda all'Alzheimer, a pagare i crimini commessi quando era un giovane nazista in perfetta salute, con Guest of Honour, ieri in concorso, Atom Egoyan continua nello scavare fra le abiezioni del passato per poter spiegare le espiazioni e le punizioni del presente. Nel caso in questione, però, un eccesso di psicologia applicato al thriller complica i disvelamenti e finisce per disorientare lo spettatore: «È appunto un thriller su un ispettore sanitario che deve affrontare i propri demoni mentali mentre interagisce con la comunità multiculturale in cui vive» dice il regista; il che è una rispettabile dichiarazione d'intenti che però ha poco a che vedere con il centro della storia. Nella fattispecie, Jim (David Thewlis) è, appunto, uno che di mestiere controlla l'igiene dei ristoranti ma è soprattutto alle prese con il comportamento della figlia Veronica (Laysla de Oliveira), insegnante musicale al liceo, accusatasi di ciò che non ha commesso: abuso sessuale nei confronti di uno studente minorenne Il perché di questa assunzione di colpa sta nel passato della ragazza, la morte della madre, la gelosia per la sua insegnante di piano che potrebbe essere la futura compagna del padre, il suicidio del giovane fidanzato

«Ho sviluppato un'autentica ossessione per una padre e una figlia che agiscono stranamente per ragioni che nessuno dei due riesce a comprendere» dice ancora Egoyan, ma a giudicare da quello che si vede sullo schermo, il padre è soprattutto un pover'uomo travolto dall'intransigenza della figlia e quest'ultima una disturbata mentale che si è costruita una verità tutta propria, ma che è anche capace di una crudeltà tutta sua. Così, più che di segreti da ambo le parti, The Guest of Honour è un rincorrersi di situazioni che promettono ciò che poi non mantengono. È un peccato, perché David Thewlis (il Remus Lupin di Harry Potter) riesce a dare al suo personaggio una tragica quanto composta dignità.

Il resto è puro contorno, inutile quando il piatto di portata, per quanto ben presentato, è senza sapore.

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