Era il 1986 quando Top Gun arrivò al cinema, diventando in brevissimo tempo un cult non solo degli anni '80, ma della storia della settima arte. Nella pellicola di Tony Scott un giovane Tom Cruise era chiamato a interpretare il pilota Pete "Maverick" Mitchell, affrontando lutti, sensi di colpa ma anche un talento naturale per il volo. A trentasei anni di distanza da quel primo capitolo, al cinema arriva Top Gun: Maverick, pellicola firmata da Joseph Kosinski che debutterà al Festival di Cannes prima dell'uscita in sala il 25 maggio.
In una Hollywood che sembra sempre più bloccata nel passato, immersa tra progetto di sequel e reboot che suggeriscono una crisi dell'impianto creativo della fabbrica dei sogni con sede a Los Angeles, Top Gun: Maverick rischiava di essere l'ennesimo prodotto senza anima, che si sforzava di sfruttare l'affetto e il lascito di una pellicola iconica. Ma per fortuna il film di Konsinski non si è limitato a raccogliere un'eredità stantia e ad offrire una pellicola fine a se stessa. Top Gun: Maverick è un film pensato tanto per i fan che avevano amato il primo capitolo, quanto per chi si avvicina a questa nuova avventura senza il bagaglio emotivo derivante dagli anni '80.
Top Gun: Maverick: tra passato e futuro
Maverick è invecchiato e, insieme a lui, il mondo che conosceva sembra essere ricoperto da uno strato di polvere. Ossessionato dal passato, dai suoi sensi di colpa e da un lutto che non ha mai davvero superato, Maverick è in corsa per mantenere il proprio posto in un mondo che ormai guarda al futuro e sembra non essere più interessato a piloti come lui. La sua ultima chance per lasciare un segno è rappresentato da una chiamata da parte di Iceman (Val Kilmer), che lo richiama nell'accademia denominata Top Gun affinché insegni alle nuove reclute a volare e pilotare in modo sensazionale per poter fronteggiare una missione che sembra senza via d'uscita. Dubbioso riguardo alle sue capacità di insegnante e tenuto d'occhio dal vice ammiraglio (Jon Hamm), Maverick dovrà affrontare anche i suoi demoni, quando si troverà a dover insegnare a Rooster (Miles Teller), figlio del vecchio amico Goose.
Top Gun: Maverick si apre con le note di Danger zone, il brano che faceva da colonna sonora al primo film, diventandone un marchio distintivo: si tratta di una strizzata d'occhio agli spettatori, un chiaro punto di riferimento per coloro che avevano già visto e amato il film di Tony Scott. E l'intento del regista sembra chiaro: prendere il via da quello che tutti sapevano di Top Gun e poi partire da lì. Top Gun: Maverick sceglie dunque la strada della commistione: non rinnega il passato, ma lo usa per costruire un impianto narrativo che abbia senso e sia emozionante quanto il precedente. Perché, non appena le note del brano si disperdono sul grande schermo, la macchina da presa si sposta su un Maverick invecchiato, abbracciato dai colori ocra del deserto del Mojave che, a dispetto di nuove rughe d'espressione, mantiene quel pizzico di follia e imprudenza che lo ha reso una leggenda della Marina.
In questo modo il film pone già l'ago della bussola verso una riflessione che non è scontata e che si basa proprio sullo scontro tra vecchio e nuovo, tra la poeticità di un tempo che non esiste più e la famelica corsa al progresso e alla tecnologia del nuovo millennio. Maverick è a metà tra queste due epoche: simbolo di una leggenda che teme di non avere più un proprio posto nel mondo, spaventato all'idea che il suo istinto e le sue capacità possano venir messe a tacere dalla tecnologia. Un discorso che, a voler ben guardare, tocca molto da vicino l'economia globale e, soprattutto, quegli Stati Uniti d'America che da sempre puntano al progresso come medaglia al valore. Questo fa sì che il film sia perfettamente inserito nel contesto storico attuale, rendendolo un prodotto che potrebbe funzionare anche a sé stante.
Se da una parte i richiami al film precedente sono tanto emotivi quanto funzionali al racconto - con il cameo di Val Kilmer e le scene iconiche tra Maverick e Goose - Top Gun: Maverick funziona anche per il suo voler raccontare una storia che è prima di tutto il racconto di un passaggio di testimone. Vedere il film significa assistere a una sorta di saluto, un commiato dolceamaro che commuove e accende l'empatia di chi è seduto in poltrona a guardare.
A questo, però, si aggiunge anche un'azione adrenalinica con un ritmo perfettamente cadenzato, capace di passare dai toni goliardici di un'accademia navale alla tensione di giovani soldati chiamati ad accettare i rischi di una missione che appare suicida. L'ultima mezz'ora del film è un vero e proprio viaggio al cardiopalma che coopera a rendere Top Gun: Maverick non solo un film riuscito, ma anche uno da non perdere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.