Dopotutto basta un accordo, il primo. E si riconosce subito che Rock or bust è degli Ac/Dc, ormai il gruppo più coerente della storia: alla propria musica in quarant'anni hanno cambiato soltanto le copertine, sedici per l'esattezza, escluse le compilation. Hard rock, hard roll, hard boogie o chiamatelo come volete: vanta più imitazioni della Settimana Enigmistica proprio perché nessuno è mai riuscito a clonarlo. «Siamo sempre rimasti uguali, non saprei proprio spiegare il segreto del nostro successo», ha detto una volta sorridendo Angus Young, che è il chitarrista, il coautore di quasi tutti i pezzi e anche il simbolo della band: piccolino, virtuosissimo senza farlo pesare, scatenato e vestito sempre come uno scolaretto. In camerino è anonimo, sul palco è uno dei migliori del mondo, sicuramente il più spettacolare: corre, trema, salta, trasfigura, e il suo «duck walk», ossia il «passo dell'anatra» mutuato da Chuck Berry vale da solo il prezzo del biglietto tanto è coinvolgente. Anche per questo gli Ac/Dc sono una band che è un brand: e lo conferma anche il nuovo, obiettivamente attesissimo Rock or bust , in uscita lunedì con prevedibile conquista di tutti i primi posti nelle classifiche del pianeta.
D'altronde l'ultima volta, con Black Ice del 2008, gli Ac/Dc hanno debuttato al numero uno in 29 Paesi, roba che ormai neppure Madonna, diventando i più richiesti dell'anno dopo i Coldplay e alla faccia di quasi tutti i critici musicali che trent'anni fa facevano spallucce di fronte a questi caciaroni senza troppi fronzoli ma con i cromosomi ben definiti: tanta chitarra, testi scolastici, basso e batteria implacabili, una voce sgraziata eppure fondamentale. E una storia pazzesca, da romanzo, farcita di record e alcol e droga, piagata dalla morte di un cantante (Bon Scott nel 1980) e ora dal kappaò di uno dei fondatori, Malcolm fratello di Angus, che la demenza ha ridotto a letto, incapace di conservare un ricordo per più di qualche istante. Eppure nessuna delle più grandi band del rock, né i Rolling Stones né gli Aerosmith o gli U2, è riuscita a mantenere così stabile la qualità della sua musica. E difatti già le prime recensioni del brevissimo Rock or bust (dura poco più di mezzora) mettono tutti d'accordo: da Play ball a Hard times , ogni nuova canzone non sfigurerebbe in ogni vecchio album. Nessuna sorpresa, molte sorprese: soprattutto la voce di Brian Johnson, che a 67 anni strilla come un ragazzino e in Got some rock'n'roll thunder (l'originalità dei titoli non è una specialità della casa) sembra ancora quello di For those about to rock del 1981. Sedici album, oltre duecento milioni di copie vendute, il secondo disco più comprato di sempre (solo Thriller di Michael Jackson batte i 50 milioni di copie di Back in black ) e decine di tour mondiali passati alla storia non solo della musica ma pure degli incassi, come l'ultimo che da solo ha contabilizzato 441 milioni di dollari. Ora tocca al prossimo che la band affronterà senza Malcolm Young, autore dei brani ma sostituito dal nipote Stevie Young, e molto probabilmente senza il batterista Phil Rudd che, dopo esser stato accusato di aver provato a organizzare un duplice omicidio, è sotto processo per possesso di metanfetamine e marijuana). Non ha perso solo la libertà ma pure la bussola visto che in tribunale ha fatto finta di suonare la batteria ed è uscito dall'aula sulle spalle di una guardia del corpo alzando il dito medio. «È già stato difficile farlo partecipare alle registrazioni del disco», ha rivelato Angus come a dire: figurarsi se ce lo portiamo in tour.
Suoneranno in tutto il mondo, questi benedetti maledetti Ac/Dc, Italia compresa. E potrebbe essere l'ultima volta, giusto per celebrare l'ultimo disco. A sessant'anni, anche per il grande, inimitabile e silenzioso Angus, il passo dell'anatra rischia di trasformarsi in un canto del cigno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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