La "tripla prima" di Hernández e il cuore unno di Abdrazakov

La spagnola al debutto milanese e nel ruolo di Odabella Il direttore Chailly è al quinto Sant'Ambrogio sul palco

La "tripla prima" di Hernández e il cuore unno di Abdrazakov

Oggi si alza il sipario sulla stagione 2018-2019 del Teatro alla Scala. Va in scena Attila di Giuseppe Verdi con Riccardo Chailly sul podio, la regia di Davide Livermore e il cantante Ildar Abdrazakov come protagonista. È la prima della Scala, l'appuntamento culturale più seguito d'Italia (c'è la diretta su Raiuno, alle ore 18). Abbandonato il Medioevo delle invasioni barbariche, la vicenda viene trasferita nel Novecento, fra le due guerre mondiali. Desolazione ovunque, terre occupate, grigiore fitto, e una festa di nozze che assume i toni di un sacrilego baccanale (senza la prevista statua della Madonna scaraventata a terra). C'è la rabbia di chi ha perso tutto (Odabella), una politica allo sfascio, dunque di cocente attualità, e l'autorità suprema del Papa che dissuade Attila dall'invadere Roma. Nell'Italia del 1846, quando l'opera andò in scena, il neoguelfismo rappresentava una delle via più percorribili per arrivare all'Unità d'Italia, e proprio il pontefice Pio IX, eletto nel '46, dava speranze in tal senso. Il climax dell'opera si tocca nella scena dell'incontro tra Attila e Papa Leone, su cavallo bianco (non scalpitante: ragioni di sicurezza).

ATTILA Il ruolo del titolo è affidato a Ildar Abdrazakov, 42 anni, russo. È la colonna portante del cast. E che colonna: è al suo terzo 7 dicembre, è stato più volte Attila, in Europa, Usa e Russia, è considerato il miglior basso della sua generazione. Attila è la sua opera del cuore, perché fu ascoltando un'incisione di questo melodramma che decise di fare il cantante. Non solo. «Da noi si dice che il popolo della Bashkiria, regione dove sono cresciuto, arrivò in Italia con gli Unni. Abbiamo un paesino che ha preso il nome da questi barbari» svela, orgoglioso. Sarà un po' flagello di Dio e un po' uomo innamorato. «Un potente generale, uomo di comando che ama dare ordini», imperioso fino al momento del sogno quando gli appare un vecchio che gli impone di non toccare la sacra Roma. Durante l'incontro con Papa Leone capisce che il vecchio dell'incubo è il Pontefice. Trema. Si rivela fragile, anche per via dell'amore per Odabella. Che lo ucciderà.

ODABELLA Spagnola, 39 anni, il soprano Saioa Hernández non ha mai cantato alla Scala. Al debutto di teatro aggiunge anche quello di ruolo. Tesa? Parecchio. E come non esserlo? Quando entra in scena, con il cuore a mille per la tensione di tanta responsabilità, deve cantare subito un'aria impervia: va all'acuto estremo e poi giù nei bassi. Deve mostrare una forza di carattere incredibile, in parte dettata dalla disperazione: Odabella ha perso la casa, la famiglia. Le rimane un fidanzato, Foresto, per la verità petulante e morbosamente geloso, non proprio un asso d'intuito. Non comprende infatti la strategia di Odabella. Che per tutta l'opera reggerà la bandiera italiana, macchiata di sangue: monito alla vendetta. Trafiggerà Attila con la spada.

EZIO George Petean, baritono rumeno di 43 anni, sarà Ezio, il generale romano che propone ad Attila di spartirsi i territori. «Avrai tu l'universo,/ Resti l'Italia a me», suggerisce. I due si incontrano su un ponte. Attila è sulla parte moderna e degradata, mentre Ezio sta sul troncone di matrice romana. Al «no» del barbaro, si sviluppano fiamme per cui il ponte si spezza (ma non crolla). Di qua Ezio, simbolo di una Roma in piena decadenza, e di là Attila che rifiuta la politica del «volemose bene». Il Barbaro - assicura il regista - dà lezioni di etica respingendo l'idea di un popolo svenduto per onorare poteri personali. Foresto rimetterà in carreggiata Ezio, coinvolgendolo in un assalto agli Unni. Ed ecco la cabaletta del generale romano ora «pronto ad ogni guerra», e spara un si bemolle acuto. Nessuno lo fa, a parte Cappuccilli. Petean lo riproporrà. Quindi attenzione alla pagina «È gettata la mia sorte», nel secondo atto.

FORESTO In quest'opera, tutta disegnata su Attila, il tenore deve rinunciare al proverbiale ego. Perché il protagonista, una volta tanto, non è lui, ma il basso. Al veneto Fabio Sartori, 47 anni e un fisico importante, il compito di dare voce e corpo a Foresto. È un cavaliere di Aquileia, amato da Odabella. Si lagna perché la donna l'ha tradito con il leader massimo degli Unni. In realtà non capisce che la fanciulla è conciliante con Attila perché lo vuole talmente vicino da poterlo uccidere. Verdi, in una lettera lo liquidò come un «imbecille», ma in verità scrisse per lui un'ulteriore aria per la produzione della Scala del 1846. È la romanza «Oh dolore», una gran bell'aria che però visse per quella sola stagione scaligera. Sopravvisse solo in versione discografica (si consiglia l'ascolto della versione di Pavarotti&Abbado). Riccardo Chailly l'ha reinserita nell'opera di stasera. Dicono che Sartori la canti proprio bene.

RICCARDO CHAILLY È al suo quinto Sant'Ambrogio, quarto come direttore musicale della Scala, e terzo nel nome di Giuseppe Verdi. Il 7 dicembre 2006 diresse Aida, nel 2015 Giovanna d'Arco e ora Attila. Per il 7 dicembre 2019 tornerà a Puccini con Tosca. Classe 1953, ha una carriera lunga 40 anni. Di Milano, si è affermato in una capitale della musica come Lipsia, e prima ad Amsterdam e a Berlino. Alla Scala sostiene il repertorio operistico italiano ed è impegnatissimo nell'internazionalizzazione dell'orchestra Filarmonica. Quanto ad Attila, raccomanda di concentrarsi subito sulla sinfonia d'apertura: racconta il dolore che percorre tutto il melodramma. Prima del terzetto dell'ultimo atto, Chailly ha inserito un cammeo rossiniano: cinque battute che Rossini, all'epoca gloria d'Italia a Parigi, aveva scritto per queste pagine. «Un momento di sospensione teatrale, in fondo a un duetto estremamente concitato e drammatico tra Odabella e Foresto, e dopo che lui esclama è tardi, entrano queste battute di Rossini».

DAVIDE LIVERMORE Torinese, è alla sua terza produzione alla Scala. Attila segue Don Pasquale e Tamerlano. Ha sfoggiato passione e competenza in tema di alta tecnologia nel recente musical sulla storia del melodramma The Opera. Si narra che il pubblico dell'Oman (dove è andato in scena) piangesse commosso. Per la verità, nell'asburgica Scala ha dovuto contenere tanta fantasia, sebbene lo spettacolo sia ricco e a tratti kolossal, si va dai ponti che si squarciano alle piogge battenti. Il suo Attila vive fra le due guerre mondiali, in terre d'occupazione con gran movimento di generali, soldati, profughi.

Fra le scene chiave, l'arrivo di Attila su cavallo nero che si fa largo tra la folla, l'incontro-scontro fra Attila e il generale Ezio su un ponte che poi si aprirà, l'altro incontro chiave fra Papa Leone e Attila, quindi la scena del sogno premonitore e la proiezione del famoso affresco (sul tema) di Raffaello. Un vitello d'oro (e non più la statua della Madonna) andrà in frantumi nel corso di un baccanale.

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