"Usciamo per sempre dal lockdown con i versi della reclusa Dickinson"

Questa sera al festival "Sì Siena" l'attrice recita poesie dell'autrice statunitense: "Un'occasione per ripensare al mondo che ci circonda"

"Usciamo per sempre dal lockdown con i versi della reclusa Dickinson"

Sì alla bellezza, alla vita, alla libertà, alla poesia, alla letteratura, al teatro: è questo il messaggio di «Sì Siena. Linguaggio tra terra e cielo», il festival che fino a domenica anima la città con un cartellone di eventi tra cui performance di danza e poesia, incontri, conferenze spettacolo, presentazioni di libri, omaggi all'arte in un percorso tra logge, chiese e musei pensato dal direttore artistico Davide Rondoni. Un posto d'onore va alla poesia, celebrata attraverso Siamo tutti maledetti, performance dedicata a Charles Baudelaire in occasione del bicentenario della nascita oppure Pia, Provenzano, la Diana passeggiata dedicata a Dante nel settimo centenario della morte (entrambi gli eventi sabato). Poi ancora domani Dall'aia si vedeva Siena, per il centenario della morte di Federigo Tozzi e infine stasera, al Teatro dei Rinnovati, Figlia dell'oro, una serata speciale (poi in tournée in autunno), dedicata alla poetessa moderna per eccellenza, intorno alla quale negli ultimi anni è cresciuto un delicato culto, trasversale alle generazioni e alle culture, Emily Dickinson. Poesia scelte da Flaminia Colella cui darà voce Galatea Ranzi.

Dickinson: il simbolo dell'isolamento. Una poetessa che è stata evocata molte volte nel periodo del lockdown.

«L'isolamento - dice Galatea Ranzi - viene fuori dalle parole e sempre, ma anche mai, per nulla. La Dickinson ha trascorso la maggior parte della sua esistenza chiusa nella sua camera o nella sua casa, ma apre universi incredibili. Significa che la possibilità di spaziare con pensiero, emozione, immaginazione, nulla la può rinchiudere».

Che qualità teatrale hanno questi versi?

«Il percorso che abbiamo costruito con Flaminia Colella dà rilievo a un universo a se stante, fatto di poesia pura: versi rarefatti e densi allo stesso tempo, pieni di ossimori perché sono luce e ombra, concretezza e astrazione continuamente intrecciate».

C'è un filo narrativo che le tiene insieme?

«Il filo è uno dei portati della figura letteraria della Dickinson: le sue poesie sono state ritrovate dopo la morte cucite insieme in un cassetto. Questo ci dà il senso di voler tenere insieme suggestioni che nella loro stesura sono state estemporanee, e così abbiamo pensato di proporle, come intensi sprazzi emotivi».

Quali sono i temi ricorrenti?

«La morte, il dolore, la natura, con animali e piante specifici, singolari, riconoscibili: c'è una poesia in particolare, meravigliosa, dove parla solo di un rovo. Un'occasione per pensare al rapporto con il mondo che ci circonda».

Una donna che si aggiunge al piccolo esercito di donne straordinarie che sta per portare in scena in questa ripresa.

«Vero, in autunno riprendo tre scelte dedicate a tre donne molto diverse: Sarah Bernhardt, in occasione del centenario del 2023, con Lezione da Sarah, che debutterà a Roma; Miriam ovvero Maria, ebrea di Galilea, con In nome della madre, tratto dal romanzo breve di Erri De Luca e Fedra. Diritto all'amore, un testo di Eva Cantarella con cui andrò in scena a Genova a novembre».

Per il teatro c'è aria di primavera: tutto riapre. Di che ci sarebbe bisogno perché non sia tutto come prima?

«Di un contatto

maggiore con il pubblico. Più spettacoli nei piccoli luoghi, incentivazione della fruibilità, più pubblicità. Bisogna che di teatro si parli di più. Deve finire il tempo della nicchia: bisogna aprire, sì, in tutti i sensi».

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