Vietato presentare la graphic novel sulle Brigate rosse

Vietato presentare la graphic novel sulle Brigate rosse

La censura è un venticello... Ci risiamo. È da poco terminata la polemica sul Salone del Libro a Torino, da dove è stato cacciato un editore di destra, e si riaccendono i riflettori sulla vocazione della sinistra alla censura. Questa volta ad essere messa sotto accusa è una graphic novel, Brigate rosso sangue, dedicata all'assassinio di Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci, uccisi dalle BR il 17 giugno 1974 a Padova. È pubblicata da Ferro Gallico, piccolo editore di area, trascinato in una situazione molto simile a quella che, come dicevamo, ha visto coinvolto Altaforte al Lingotto.

Niente di straordinario nella rievocazione di quei fatti avvenuti negli anni di piombo. Eppure se a parlarne o scriverne sono autori o editori di destra scatta immediata l'accusa di fascismo, di lettura di parte della storia. E scendono subito in campo politici e intellettuali che reputano la cultura cosa loro. Da un lato la richiesta della sinistra padovana di impedire agli autori di presentare l'opera a fumetti nella sala del Comune, dall'altro l'intervento di alcuni storici, che sul Corriere della Sera hanno denigrato il lavoro, lanciando accuse di parzialità. «È giusto onorare la memoria di Mazzola e Giralucci - ha detto Carlo Fumian, docente di Storia all'Università di Padova - Di certo non fa bene alla verità approfittare di questa commemorazione per sminuire, anzi quasi cancellare, le responsabilità dei neofascisti», che hanno insanguinato l'Italia «con stragi mostruose». Uguale pensiero è stato espresso da Alba Lazzaretto, anche lei ex docente di Storia nella stessa università, che ha parlato di «fumetto agiografico, racconta una parte, non rende conto dell'insieme, non si parla dello stragismo di destra». Non è fantascienza, ma dichiarazioni ufficiali. È come se uno scrivesse un libro sul bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki e venisse accusato di non aver parlato dei missili V1 e V2 lanciati dai nazisti su Londra.

«Commemorare con un'opera a fumetti la memoria di due caduti è ancora un problema in Italia» ha affermato l'editore di Ferro Gallico Marco Carucci. «Il racconto è basato sugli atti giudiziari e infatti neppure gli storici interpellati hanno detto che ci fosse una ricostruzione errata. Parlano solo di parzialità, come dire che se i fascisti muoiono qualcosa devono aver fatto». Siamo lontani da quegli anni Settanta in cui gridavano «uccidere un fascista non è reato». Ma secondo Carucci le cose non sono molto cambiate. «Se prima la forma mentis era togliere la vita all'avversario, oggi è togliergli la dignità. Ha mutato faccia, ma rimane un pensiero violento». Per l'editore abituato alla censura c'è un motivo. «Hanno paura.

Usiamo uno strumento, la graphic novel, che avvicina i giovani al nostro passato. Andiamo nelle scuole, e non solo, a presentarli. E questo dà molto fastidio alla sinistra perché significa mettere piede in quello che credono sia un loro monopolio: la cultura».

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