Prima visione

«Se il mondo dei Festival andasse come dovrebbe andare, il premio per il miglior attore sarebbe di Christoph Waltz», scrivevo da Cannes in maggio. In effetti, per Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino, Waltz venne poi premiato...
È Waltz il protagonista del film, come ufficiale dell’Sd (servizio segreto delle Ss) nella Parigi occupata del 1940-44. Ruba la scena a Brad Pitt, che è un ufficiale americano ricalcato, fin dal nome del personaggio, su un altro attore di film bellici, Aldo Ray.
Waltz si dimostra degno emulo di Peter Sellers. Poliglotta, nella versione originale recita, da tedesco, in tedesco, ma anche lungamente in francese, inglese e italiano. Soprattutto rende il suo personaggio il più simpatico della grottesca compagnia della buona morte che percorre il film, una rilettura della Seconda guerra mondiale come scontro fra schiere d’assassini: quelli che casualmente (potrebbero uccidere curdi, se quello fosse l’ordine) ammazzano ebrei, se indifesi, come fa il personaggio di Waltz; quelli che ammazzano ogni tedesco, come presunto ammazzatore di ebrei, ma sempre se indifesi a loro volta, come fa il personaggio di Pitt, che poi li scotenna anche...
Non c’è nessun dislivello morale fra loro - è questo il punto - per Tarantino: solo il discrimine, fondamentale, fra chi riesce a sopravvivere e chi non ce la fa. Il personaggio di Waltz vince, oltre al campionato della sopravvivenza, quello della lungimiranza politica, ponendo fine alla guerra nel 1944, non nel 1945 (fosse successo nella realtà, circa due milioni di morti non ci sarebbero stati...).
Tarantino s’infischia dell’attendibilità cronologica e storica nell’ispirarsi a Quel maledetto treno blindato di Enzo G. Castellari. Allestisce la sagra della svastica, con una spruzzata di Lili Marleen di Fassbinder; cita attori e registi d’epoca (Pabst, Clouzot, la Riefenstahl, Jannings, la Darrieux).

Se apre il film col motivo conduttore di Tiomkin nella Battaglia di Alamo di John Wayne e John Ford, lo chiude con la tarantella di Morricone in Allonsanfàn dei Taviani. Il resto è un inserimento nel genere bellico di figure e situazioni del western italiano, dove ognuno è per sé e Dio è contro tutti.

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