La vita è un sogno dove vincono mostri e cannibali

Ecco il seguito di "Woobinda", ventitré anni dopo. Se possibile, siamo ancora più cinici e indifferenti

La vita è un sogno dove vincono mostri e cannibali

Ditemi se questo è un uomo - o è Woobinda? -, «che scende in piazza ogni giorno ma è solo per far pisciare il cane». Ditemi se questo è un uomo - o è Woobinda? -, «che ha una speranza di vita di 89 anni ma non sa come passare un pomeriggio». Ditemi se questo è un uomo - o è Woobinda? -, «che sogna ogni notte chissà come sarà l'IPhone 7 e poi l'8, saranno pazzeschi». Ditemi se questo è un uomo - o è Woobinda? -, «che a 35 anni ha visto 11mila fighe in Rete ma non sa parlare con una donna»...

Ditemi che è vero. Che è tornato Woobinda. Ve lo ricordate? Nel 1993, dopo una laurea in filosofia e un lavoro alla rivista Poesia di Crocetti, Aldo Nove narratore tra il colto e l'inclita della linea post-lombarda - scrive Woobinda e altre storie senza lieto fine, edito da Castelvecchi, che poi viene ripubblicato nel 1996 da Einaudi attenzione: nella collana «Stile libero» - col titolo Superwoobinda: ritratto (sperimentale dal punto di vista linguistico, impietoso dal punto di vista antropologico) di un'Italia di deficienti, pornografi, parricidi e matricidi, disturbati, mostruosi... Sembrava una fiction, poi è arrivato quello che arrivato per davvero: i delitti di Novi Ligure e Erba, YouPorn 24 ore su 24, i reality show sempre più trash, la politica che fa spettacolo e lo spettacolo che fa politica...

Woobinda forse non fu un «romanzo di culto che ha segnato una generazione», come Aldo Nove autoironicamente sottotitola oggi, vent'anni dopo, il seguito di quel libro: Anteprima mondiale, che la casa editrice La nave di Teseo porta in anteprima al Salone del Libro di Torino (domani pomeriggio, Indipendents's Corner, ore 17). Fu però di certo un libro che ha (in)segnato a molti «giovani scrittori» il coraggio di infrangere certe regole e schemi narrativi, legittimandoli a scrivere in un certo modo: a innovare, senza tradire, la tradizione. E così, ora, a vent'anni dal primo Woobinda einaudiano e a vent'anni dalla nascita di «Stile libero» di Cesare Repetti e Severino Cesari (grandi festeggiamenti ieri al Longotto), Aldo Nove torna a raccontare l'Italia e gli italiani della sua generazione. Li aveva lasciati poco più che ventenni, sfatti, brutali e cannibali, in Woobinda (il 1996 è lo stesso anno dell'antologia, quella sì, di culto Gioventù cannibale) e li ritrova quasi cinquantenni, persino peggiorati, instabili, grotteschi e ossessionati dalla Rete, in Anteprima mondiale, un libro «a morsi e a strappi», che ha la stessa cattiveria dell'originale (questa volta il protagonista del primo racconto macella i genitori con il coperchio di latta tagliente dei pomodori pelati biologici perché invece che leggere Harry Potter comprano libri come quello «su un calciatore che si chiama Open») e anche la stessa capacità di spaccare le convenzioni letterarie e narrative: ci sono (mini)racconti, un breve romanzo a puntate («Le allegre avventure di Gianni»), racconti scritti da amici scrittori (divertentissimo quello intitolato «Culicchia» che prende in giro Culicchia ed è stato scritto, si scopre poi, da Giuseppe Culicchia), c'è una lettera serissima di Gilda Policastro a Matteo Renzi sullo sfascio dell'Università, ci sono omaggi e citazioni letterarie, musicali e politiche. C'è, soprattutto, la convinzione, sorretta da tanta (auto)ironia e da poca speranza, che l'horror ridicolo in cui siamo sprofondati è oggi ben più insostenibile di allora.

Certo, alcuni dei giovani «cannibali», come lo stesso Nove, come Scarpa, come Ammaniti, come Simona Vinci, come Lucarelli, sono diventati intellettuali mainstream che vincono lo Strega, vanno in prima serata tv, firmano sui grandi giornali. Singolarmente hanno anche vinto, o quasi. Ma la loro generazione ha perso su tutti i fronti. «L'Europa è un esperimento per ora palesemente fallito», mi dice Aldo Nove sconsolato. E il racconto Europa che c'è nel libro è micidiale per cattiveria e sarcasmo («Tanti popoli sono diventati lo stesso popolo usando la stessa moneta, l'unica cosa che li teneva assieme. Per il resto, ognuno continuava a farsi i cazzi propri»). «La politica è fatta da politici che se non ci fosse Crozza a farne la parodia non sarebbero nessuno», mi dice ancora più sconsolato. «Criticavo ferocemente Berlusconi. Poi è arrivato Mario Monti... mai visto nulla di peggio», mi dice quasi sorridendo (leggete il racconto «Amarcord Mario Monti»...). La finanza è un dio oscuro e crudele (il libro è percorso da strane figure, gli Etruschi, che decidono dei destini del mondo), in confronto alla quale la Milano da bere era una favola meravigliosa. La letteratura italiana contemporanea si è inviluppata su se stessa e sulle mode editoriali: e lo schiaffo che Aldo Nove dà alla non-fiction novel è pesante e liberatorio. E la confusione fra realtà e sogno è totale: «Prima erano separati, ora il sogno è realtà».

Insomma. Il cannibale Woobinda è tornato. E non c'è da stare allegri.

Una delle visioni più belle del libro è quella degli amici di Aldo Nove chiusi in casa a ingozzarsi di intere stagioni di serie televisive, senza più pensare che giorno è. Le serie vivono per noi, e noi le commentiamo guardandole. «Come fa Dio con noi./ Ci lascia fare./ Siamo le sue serie». Ditemi se questi sono uomini.

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