Cultura e Spettacoli

Vitaliano Trevisan, il cantore "folle" della Waste Land del nostro Nord-Est

Schivo, riservato, mille lavori saltuari, un ruolo inadatto di marito. È stato un talento della narrativa italiana. Inclassificabile e geniale

Vitaliano Trevisan, il cantore "folle" della Waste Land del nostro Nord-Est

È morto ieri, all’età di 61 anni, l’eclettico scrittore (e regista e attore) vicentino Vitaliano Trevisan, originario di Sandrigo (Vicenza). Era nato il 12 dicembre 1960.

«Ora ti ascoltavano, ora che eri morto», scriveva Oriana Fallaci in Un uomo (1979), il romanzo su Alekos Panagulis. Vitaliano Trevisan, fulgido talento della narrativa italiana, è morto a soli 61 anni, sconvolgendo il mondo dell'editoria italiana.

Il suo romanzo più conosciuto è senza dubbio I quindicimila passi (Einaudi, 2002), ma il suo capolavoro è senz'altro il monumentale Works (Einaudi, 2016), 664 pagine scandite dalle pagine del proprio libretto di lavoro e dai vari impieghi che avevano contraddistinto la sua vita turbolenta.

Da alcuni mesi Trevisan non stava bene, e i giornali avevano riportato la notizia, da lui stesso veicolata attraverso i social, del suo ricovero nel reparto di Psichiatria dell'ospedale vicentino di Montecchio Maggiore, in seguito a un Accertamento Psichiatrico Obbligatorio.

Vicentino, originario di Sandrigo, Trevisan era approdato alla letteratura dopo un apprendistato fatto di lavori saltuari, fame di vita e vicissitudini poi diventate parte integrante della propria materia letteraria.

Aveva esordito nel 1998 con Trio senza pianoforte, uscito per Theoria, in quella fucina di talenti avviata da Severino Cesari e Paolo Repetti e che sarebbe successivamente confluita nell'esperienza di Einaudi Stile Libero. Scoperto da Giulio Mozzi, che lo volle con sé anche nell'esperienza di Sironi editore, nel 2002 pubblicò Standards Vol. 1, il libro della maturità, cinque racconti formidabili in cui lo scrittore reinventava pezzi celebri di altri autori, spaziando dalla musica al teatro, dalla narrativa alle arti figurative. È lo stesso Giulio Mozzi a ricordare l'esordio di Trevisan: «All'epoca lavoravo in una libreria scientifica. Avevo già pubblicato con Theoria. Un giorno ero da un distributore di libri, aspettavo che mi consegnassero la merce, girellavo tra banchi e scaffali. Mi è caduto l'occhio su questo libretto, Trio senza pianoforte, pubblicato da un piccolissimo editore vicentino. Lessi poche righe. Lo comperai. Due giorni dopo cominciai a cercarlo. Lo trovai. Portai in Theoria il libro e il dattiloscritto di Un mondo meraviglioso. Tutto qui. Qualche tempo dopo feci leggere I quindicimila passi in Einaudi. Gli fecero un contratto quasi subito». I quindicimila passi, un monologo ossessivo in cui il protagonista, Thomas (evidente il riferimento a Bernhard), conta i passi di ogni tragitto che fa, è subito un successo e vince il Premio Lo Straniero e il premio Campiello Europa.

Appassionato di musica jazz, schivo, di indole riservata, Trevisan non aveva avuto una vita facile: impiegato nel settore edilizio e poi collaboratore in uno studio di architettura (il personaggio indicato come Lui in Works), era stato, in gioventù, manovale (memorabile la scena della pausa pranzo sui tetti del cantiere in Works - citazione indiretta di Underworld di De Lillo), costruttore di barche a vela, gelataio in Germania, portiere di notte, marito infelice e (per sua stessa ammissione) inadatto a quel ruolo. Umanissimo e scontroso, umorale.

Ha raccontato, come pochi altri, la Waste Land del Nord-Est, il mondo di provincia, gli anni Settanta del triangolo della sedia e dell'eroina, i vagabondi, le periferie, le ossessioni della contemporaneità, le idiosincrasie personali e i fantasmi familiari, sperimentando ogni genere letterario, dal racconto al romanzo breve, per poi approdare, attraverso una prosa talora ossessiva e successivamente attraverso istantanee alla Perec (si pensi ai brevissimi frammenti di Shorts, Einaudi 2004, Premio Chiara), al mirabolante florilegio di registri, personaggi e tecniche narrative utilizzati in Works.

Nel campo della drammaturgia e del teatro Trevisan è stato co-sceneggiatore e attore protagonista nel film Il primo amore di Matteo Garrone, mentre altri suoi testi teatrali sono stati messi in scena da Valter Malosti, Michele Angrisani e altri.

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