Da Von Dormael a Lepage ora il teatro parla il moderno linguaggio internazionale

54 spettacoli al «Napoli Teatro Festival» con il neodirettore Franco Dragone

Mimmo di Marzio

«Quando ho accettato la sfida l'ho fatto con una ferma convinzione: uscire dai canoni e portare per una volta il teatro anche dove non c'è, nelle periferie e nei paesi della Campania, perchè il festival di una regione ha il diritto di radicarsi sul territorio». Il regista italo-belga Franco Dragone, neodirettore artistico del Napoli Teatro Festival appena inaugurato, racconta del suo ritorno a casa dopo esperienze internazionali con il Cirque du Soleil e Celine Dion di A New Day... al Caesar's Palace di Las Vegas. Figlio dell'emigrazione meridionale nelle miniere di carbone («il teatro mi ha salvato la vita») Dragone ha preso per mano una rassegna che, da nove anni, porta sotto il Vesuvio compagnie estere di giro mettendole in relazione con l'eredità teatrale della città di Eduardo. «Adesso però vorrei far sì che questa rassegna, oltre che importare idee, imponga la propria identità sullo scenario internazionale, proprio come avviene per i grandi festival europei».

Il debutto della nuova edizione presieduta da Luigi Grispello, che conta 54 spettacoli sui palcoscenici napoletani e delle altre province, porta il segno di un regista «che crede nell'azione prima che nella rappresentazione»: nella fattispecie, un'anteprima sull'isolotto del carcere minorile di Nisida ha mandato in scena la lettura della Tempesta shakespeariana tradotta da Eduardo in napoletano con voce narrante di Michele Placido. La guest-star di questa edizione sarebbe dovuta essere nientemeno che Al Pacino, idea hollywoodiana declinata all'ultimo per opportune ragioni di tagli. Ma i grandi nomi internazionali non mancano in un festival sempre più finalizzato a mescolare lingue e linguaggi, tra rivisitazione dei grandi classici, arte contemporanea e multimedialità. Da Jaco Von Dormael che fa danzare le dita di una mano (Kiss&Cry) a Robert Lepage, da Joel Pommerat (Pinocchio) al russo Valery Fokin (Le Troiane). Si diceva dei dialoghi con l'arte contemporanea che a Napoli, passando dal Teatro San Carlo fino alle grotte tufacee di Seiano, vantano una lunga tradizione. Tre le chicche di quest'anno. La prima ha visto l'artista iraniana Shirin Neshat riscoprire il genius loci del complesso Diocesano Donnaregina Vecchia con la suggestiva performance Passage Through the World in collaborazione con il regista siriano Omar Abusaada. La seconda è andata in scena sul palco del Teatro Politeama, trasformato in una piscina dal grande videoartista giapponese Shiro Takatami per dar vita allo spettacolo Still, geniale viaggio tra gli inganni della percezione visiva, tra la realtà corporea e quella virtuale generata da un'elegante uso della multimedialità.

Altra scorribanda nel teatro di figura dell'artista sudafricano William Kentridge, sul palco del Mercadante con la Handspring Puppet Company mescolando marionette, recitazione, musica, film d'animazione e immagini di repertorio.

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