Seduto sullo sfondo dei presepi napoletani barocchi, la cagnolina Dolly in grembo, accarezzata con dita affusolate cariche di anelli, Franco Zeffirelli dice messa. Una messa laica, officiata a voce bassa nella camera dei ricordi, al centro della villa del Maestro sull'Appia Antica. Dal lucernario liberty piove un chiarore adatto al momento: il 91nenne regista fiorentino, che si è distinto nel mondo lavorando per il cinema, il teatro e l'opera, presenta Francesco, libro illustrato con le foto del film Fratello Sole Sorella Luna (1972), edito da De Luca, e lo dedica al Papa. «Mentre attraversavo un periodo della mia vita, colmo di dubbi e incertezze, un giorno Dio volle farmi un regalo per confortarmi: la decisione della Chiesa di eleggere come nuovo Papa un personaggio fino ad allora poco conosciuto. Mi attrasse la sua decisione di scegliere il nome di Francesco per il suo Pontificato. Perché? Mi chiesi sorpreso. Quali indicazioni volle darci con la scelta di questo Santo?. Da allora, attraversai un periodo di creatività, che la bella anima di San Francesco aveva ridestato in me. Francesco è il santo sicuro che Dio mette sulla nostra strada per soccorrerci. Forse dovevo fare il prete»... Scherza l'artista, che «con l'aiuto di questo spirito bello che circola, col Papa», ha allestito all'Arena di Verona il Don Giovanni di Mozart.
«Sono rimasto un ragazzo che fa ancora cazzate, però», smorza l'aria solenne. Su ogni mobile, s'affollano foto in cornici d'argento: Maria Callas, Sofia Loren, Toscanini, la Regina d'Inghilterra, sua amica personale, che lo insignì del titolo di Sir, dopo che Romeo e Giulietta (1969), illustrò Shakespeare meglio di mille trattati. «Essere amici di queste persone, richiede due palle così!», nota il Maestro, mentre i due figli adottivi, Pippo e Ciano, ascoltano in silenzio. «Ho gli inglesi nel sangue», racconta Zeffirelli, il cui Jane Eyre, tratto dal romanzo di Charlotte Bronte, l'altro giorno su Rete 4, è stato visto da più di 1 milione di spettatori. «Durante la guerra, fuggendo dai fascisti m'imbattei nell'esercito scozzese. E con le guardie scozzesi ho trascorso i mesi tragici e meravigliosi che hanno preceduto la liberazione di Firenze. Ero il loro jolly: li aiutai ad arrivare da Firenze a Roma. Quando mi congedai dal capitano, gli dissi: Ricordatevi che non vi libererete di me. Fu così che approdai all'Old Vic", ricorda i suoi fasti nel mondo anglosassone, lesto nel riconoscere talento a colui che prese Un tè con Mussolini. In corridoio, una foto del giovane Franco, in kilt, svela due belle gambe e lo stesso sguardo che ancor oggi fulmina uomini e cose indisponenti.
Come l'attore William Hurt, «un vero stronzo, pieno di pretese, sul set di Jane Eyre». Ma c'è una figura di straordinaria spiritualità, oltre al Poverello d'Assisi, che emerge dai ricordi d'una vita vissuta con slancio e fortuna. È quella del cattolico Giorgio La Pira, padre della Costituente e sindaco di Firenze nei '50. «Parlava dei miracoli come un tecnico: bisogna semplificare il soprannaturale, diceva, perché siamo schiavi del naturale». Ma perché Papa Francesco lo colpisce? «È un fatalista. La Chiesa ha partorito quest'uomo, a volte imbarazzante. Quand'era arcivescovo in Argentina, dopo aver visto Fratello Sole Sorella Luna, apprezzò il mio lavoro dicendo: Finalmente qualcuno che ha il giusto atteggiamento verso i preti. Anche se emana calore, quando occorre Papa Francesco mette il suo timbro», osserva il Maestro, che perse la madre a sei anni e che ancora tiene con sé la sua vecchia balia Ersilia.
Oggi Zeffirelli riscuote consensi unanimi e i suoi contributi sono amati ovunque: in Oman hanno inaugurato un teatro d'opera con la sua Turandot, mentre in Cina, India e Giappone le sue opere vengono sempre riproposte. Ma ci fu un tempo, in Italia, in cui il suo nome era inviso all'intelligenza di sinistra dominante nei Settanta. «Succedeva quando ci fu l'invasione della cultura da parte della falsa cultura marxista. Eppure, Marx predicava il Vangelo. Però divenne l'apostolo di come si deve scrivere, governare. Guardiamo cosa sono diventate l'Opera di Roma, o la Scala, già simbolo e vanto di questo Paese». Da tempo, il regista vorrebbe fare un film su Michelangelo. Per ora, prepara un libro su Gesù. Senza perdere di vista la realtà. «Renzi? Scansa molti pericoli, ma non è arrivato al nocciolo.
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